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Aggiornamento estivo: la filosofia del libro elettronico.

Un aggiornamento estivo un po' veloce e un po' affaticato, per chiudere però il discorso di qualche settimana fa su ebook e lettori digitali.

Quando si parla di libri elettronici, spesso qualcuno storce il naso perché l'ebook non è il libro vero. Quando si parla di lettori digitali, sempre qualcuno dice: sì, mi interessa... ma non è il libro vero. Insomma questo benedetto libro vero, la carta, sembra una condicio sine qua non per poter apprezzare davvero il lavoro di uno scrittore.

Ok, opinioni accettabili, idee condivisibili ma comunque ragionamenti fatti in maniera ipotetica: non sono molte le persone che hanno già potuto sperimentare la novità di leggere gli ebook su uno schermo che sembra di carta, per cui il fatto di essere o meno attratti dalla novità nasce magari da un articolo che abbiamo letto o da qualche idea che ci siamo fatti senza però osservare realmente l'oggetto in sé.

Io vi racconto invece una mia esperienza, che non è un'idea ipotetica ma è quello che mi è successo davvero: in questi giorni ho fatto un viaggio in treno, e ovviamente ho portato il mio lettore che ho usato per rileggere parti dei miei romanzi (sì lo so che non è normale ^^) nonché il classico Tre uomini in barca. Per chi non lo conoscesse, si tratta di un libro di J.K.Jerome che volevo leggere da sempre ma di cui avevo sempre rimandato la lettura. Del romanzo vi dico solo che è divertentissimo e che oggi non sarebbe mai pubblicato, mentre ci tengo a farvi notare che durante la lettura mi sono imbattuto in questo passaggio:

(Il protagonista sta divagando su come - a parer suo - le preziose antichità che conserviamo gelosamente al giorno d'oggi, in realtà al loro tempo potevano essere banali oggetti senza valore).

Sarà così anche in avvenire? Le bagattate da quattro soldi del passato continueranno a essere gli apprezzati tesori del presente? Accadrà forse che i piatti decorati con foglie di salice, nei quali mangiamo, vengano disposti in fila sulle mensole dei caminetti delle persone altolocate, negli anni dal 2000 in poi? Le tazze con l'orlo dorato e il bel fiore d'oro all'interno (di specie ignota), che la nostra piccola Sarah Jane rompe oggi con la massima disinvoltura, verranno forse accuratamente rimesse insieme con la colla e figureranno su una mensola, spolverate soltanto dalla padrona di casa?

Ok, fine dell'estratto. Il libro è del 1880 o giù di lì, e l'idea sarà più o meno condivisibile ma mi ha colpito per il fatto che, in un certo senso, si riferiva a un tempo futuro che poi è arrivato davvero ed è quasi già passato pure quello (parlo del 2000, ovviamente).

Comunque la cosa interessante è un'altra: Jerome K.J. ha avuto questa intuizione, l'ha scritta su carta col calamaio o quello che cavolo utilizzava, l'ha stampata e fatta girare con i mezzi della sua epoca. 130 anni dopo, la sua idea è passata attraverso un canale digitale fino a raggiungere me, che l'ho riversata ancora una volta sul mio personale dispositivo elettronico.

Il risultato finale di tutto questo casino infinitamente complicato, è che Jerome ha scritto un libro, che io l'ho letto e che adesso sto qui a parlarne a voi. La carta, l'inchiostro o il digitale che sono serviti allo scopo sono stati il mezzo, lo strumento attraverso cui si è prodotto questo passaggio. Mentre l'oggetto di tutto, la cosa importante, è il messaggio pensato da un tizio (l'autore) e ricevuto da un altro tizio (il lettore).

La verità insomma è che esistono le idee, la voglia di comunicare e il desiderio di leggere e comprendere. Queste cose non cambiano mai, mentre il libro ha di volta in volta la forma che decidiamo di dargli. E nessuna di queste è quella vera.

Simone

L'infognamento letterario.

Questa nuova tragica condizione che può affliggere gli scrittori(emergenti e non) me la sono inventata un po' per riempire un aggiornamento del blog (gli argomenti cominciano a scarseggiare... ma tanto d'estate non lo legge nessuno ^^) e un po' perché spero di ricevere qualche consiglio interessante da parte vostra.

Ma vediamo un po' di capire di cosa sto parlando: scrivete un bel libro con dei personaggi che piacciono e con delle idee che colpiscono l'immaginario collettivo. Insomma, avete sotto mano un romanzo interessante destinato ad avere successo. Magari finisce che lo pubblicate, e la gente se lo compra pure e addirittura si affeziona ai protagonisti... e da questo punto in poi vi ritrovate a essere un autore con un pubblico da dover accontentare.

In sintesi, siete rimasti infognati col vostro personaggio e con la vostra ambientazione, che piace tanto ai vostri lettori che vi rapiranno per torturarvi e farvi la pelle nel caso il seguito del seguito del seguito delle avventure del loro beniamino non sia di loro gradimento (mi pare che ci abbiano fatto un film, su 'sta storia ^^).

Certo, una volta avuto successo con un determinato libro di un determinato genere uno può comunque mettersi a scrivere altro, e magari se è bravo creare altre ambientazioni e altri personaggi che piacciano comunque. Questo, però, oltre a essere davvero difficile (chi è bravo nell'horror come nel fantasy e nella fantascienza?) potrebbe essere addirittura impossibile nel caso che siate incappati nell'infognamento letterario totale: quando cioè la storia che state scrivendo non è ancora finita.

Un classico esempio sono le trilogie fantasy: se scrivete i primi due, poi non potete dire ah che palle mi sono rotto e non scrivere il terzo. I lettori vi uccideranno, e credo anzi che un editore pretenda di avere in mano tutti e tre i volumi prima di accettare la pubblicazione del primo.

Ancora, la povera Rowling s'è infognata con Harry Potter, al punto che è evidente come dal quarto in poi non si sforzasse più nemmeno di chiudere il libro come si deve lasciando direttamente un finale aperto. Secondo me lei H.P. lo odiava, e davvero voleva farlo crepare per non vederlo più.

Altro infognamento letterario è la esalogia (ma si parla che diventino nove, e non so come si dice) di Guerre Stellari. Girato il primo in ordine di storia che sarebbe il quarto in ordine cronologico, qualcuno è dovuto starsene lì a mettere insieme gli altri due, altrimenti i fan si sarebbero accampati sotto casa di Lucas e company con intenzioni bellicose e cartelli del tipo: chi la seconda trilogia terminato non ha, noi uccidere volere!

Il povero Arthur Conan Doyle aveva addirittura ucciso il suo personaggio più famoso (Sherlock Holmes, ovviamente) ma poi si è ritrovato a scrivere l'ennesimo capitolo della serie ritirandolo fuori dal nulla e facendo finta che nella storia precedente non fosse successo niente. Ma pensate che palle poveraccio, cosa doveva pensare durante la preparazione di un nuovo libro: allora, adesso c'è questa cosa misteriosa e poi... e poi... e poi arriva Holmes che la butta in caciara con una spiegazione assurda e finisce tutto. Speriamo che se la bevano pure 'sta volta!

Ultimo caso di infognamento letterario che mi viene in mente è la serie Lost. Per quanto non lo guardi (e qualcuno direbbe che non guardandolo non dovrei neanche stare qui a parlarne ^^) da quel che ho capito la trama si è talmente complicata che sembrerebbe impossibile tirare fuori un finale decente.

I poveri autori si trovano allora nei casini: se chiudono senza finire la storia andando a rintanarsi sull'isola del film, chi ha seguito la serie per anni vorrà la loro testa. Se buttano lì un finale accroccato, invece, pure. Però credo che il finale accroccato sia dovuto da contratto, per cui aspettatevi che prima o poi arrivi.

Mi pare che sia lo stesso ragionamento alla base della conclusione di Twin Peaks, anche se non posso esserne sicuro: non ho mai visto nemmeno quello.

Insomma, non vi fanno pena questi poveri scrittori famosi, costretti a scrivere libri che già sapranno essere dei best seller? Eppure, pur non essendo proprio famoso allo stesso modo, nell'infognamento letterario sto rischiando di finirci anch'io col povero (??) Primo Mazzini.

In sostanza, sono nella seguente situazione:

- Mettere un finale a impatto ma completamente aperto, che mi costringa a scrivere un secondo libro (senza sapere se il primo verrà mai nemmeno pubblicato!) La gente che legge il libro si dirà chiaramente: ah, che figata! Però adesso mi tocca comprarmi il secondo... e mi odierà.

- Mettere un finale meno aperto, che io trovo di minore impatto ma che mi lascia un ottimo spunto per l'eventuale secondo libro. La gente che legge si dirà: ah sì, vabbe'... ma tanto non mi freghi perchè è ovvio che ci sarà un secondo libro, per cui sarò sempre infognato ma con un odio minore, mentre il finale sarà più moscio.

- Mettere un finale chiuso. L'idea di un seguito resterà sempre (anche perché è evidentemente una storia "serializzabile") ma sarà evidente che il tema del primo libro è chiuso. Questo però mi mette nei casini per l'eventuale secondo libro (che però non sarebbe più obbligatorio scrivere) perché molte delle idee che ho per un seguito partono da quel finale aperto che in questo modo avrei scartato.

Insomma, che ne pensate? Mi piacerebbe molto la vostra opinione, anche se sono quasi certo che alla fine propenderò per il finale chiuso: non voglio mica infognarmi a scrivere best seller da milioni di copie per tutta la vita! ^^

Simone

Gli ebook che si trovano poco (specie in italiano) e gli scrittori che non vogliono esser letti.

Se diamo un'occhiata generale ai testi in formato elettronico, l'impressione che otteniamo è che il materiale disponibile online sia potenzialmente infinito.

Dai pdf scannerizzati di romanzi appena usciti agli ebook degli scrittori emergenti a qualsiasi cosa potreste decidere di trasformare in libro voi stessi (un blog che vi piace, magari) la rete e i siti più o meno legali abbondano di letteratura che si può scaricare e leggere come si vuole.

Purtroppo, però, se vi salta in mente l'idea di leggervi un romanzo nuovo (i testi usciti dal copyright per motivi di tempo non contano) che sia anche distribuito gratuitamente e legalmente, la cosa inizia a farsi un po' più complicata. Su Internet si trovano infatti davvero pochissimi ebook contenenti romanzi completi scritti da autori che cercano di farsi conoscere.

Questo la dice lunga di quanto poco interesse ci sia ancora nel nostro paese - e soprattutto nei nostri autori - nei confronti dei libri digitali: non dico che si debbano offrire gratuitamente interi romanzi che altrimenti potrebbero essere venduti come best seller (anche se c'è chi lo fa) ma la situazione attuale è davvero deprimente:

Sembra che i miei colleghi aspiranti scrittori non anelino semplicemente a farsi leggere (anche se non fanno che ripeterlo) quanto a farsi pubblicare sulla tanto ambita carta stampata, magari preferendo scelte a pagamento piuttosto che un cavolo di ebook gratuito... che poi è gratuito tanto per i lettori quanto per gli autori stessi.

Vanno invece per la maggiore pubblicazioni collettive di aspiranti scrittori, vendute ovviamente al prezzo di un libro normale e distributite in fantabigliose cifre di cento e più (anche duecento) copie. Sembra che gli autori emergenti preferiscano vantarsi di fantomatici successi editoriali con parenti, amici e colleghi scrittori (le persone che comprano le raccolte, insomma) piuttosto che mettere più lettori possibile in condizione di leggere e scoprire il loro lavoro.

Ancora, il livello medio degli ebook che si trovano in giro è veramente al di sotto del peggior minimo immaginabile. A partire da me e tolto qualche amico che bazzica da queste parti (che sennò magari si offende), l'ebook medio dell'aspirante scrittore si riduce a una cosa del genere:

- Formato PDF impaginato in A4, illegibile sui lettori portatili (anche se ho trovato una soluzione ^^). Cavolo, ok, questa del lettore portatile è una novità... ma visto che l'idea è quella di farsi leggere, non è ora di spendere qualche oretta a rimpaginare i vostri lavori?

- Copertina assente, al limite un titolo in grassetto e poi subito l'inizio della storia. Non dico che dobbiamo essere tutti dei grafici, ma un link? Una email? Una presentazione?

- Contenuto che si riduce a un racconto di 2-3 pagine (quando dice bene). Ammazza, ma vi siete sprecati! Ma a chi volete che gliene freghi niente di 2 pagine di un signor nessuno? Ma i romanzi dove stanno? E i racconti lunghi? Fate almeno una raccolta ordinata con una cavolo di presentazione, no?

- Livello del testo al di sotto del pessimo, ma su questo anch'io ci posso fare poco e tocca rassegnarsi ^^.

E in ultimo, cosa che mi lascia sempre basito:

- Dichiarazione di copyright che promette ripercussioni gravissime per i violatori del sacro testo della cui lettura ci è stato fatto dono, a partire da galera, esilio e fustigazione pubblica registrata col telefonino e messa su Youtube. In uno degli ultimi ebook che ho trovato online, il copyright era più lungo del testo vero e proprio.

E il brutto è che era la parte scritta meglio.

Simone

Link correlati:

La soluzione per i pdf illegibili: Calibre - Ebook management.

Perché i libri della narrativa di genere sono quasi sempre di autori stranieri.

Ci avete fatto caso? Io sì, così come ci hanno fatto sicuramente caso tanti scrittori emergenti che si lamentano spesso di una situazione piuttosto particolare: i romanzi di genere che si trovano in edicola o in libreria (sto parlando di thriller, fantasy, horror ecc...) sono quasi sempre scritti da autori stranieri.

Per tanti poveri nuovi scrittori, eredi di Dante e Manzoni, coetanei di Navarra, lo spazio per affacciarsi e farsi leggere si fa invece sempre più ristretto. Già non sono tante le case che offrono collane dedicate alla fantascienza o al fantastico, e come se non bastasse tocca convivere anche col problema di avere un nome banalmente italiano che viene schifato e deriso da editor e librai.

Ma qual infausto ragionamento portò costoro (li briganti editori) a una tal macchinazione? Con che vil core negossi allo italico verbo lo giusto ispazzio intra li scaffali delli mercanti librari?

E ora ve lo spiego:

Perché gli scrittori di genere italiani fanno schifo al cappero: no, davvero! Io ne conosco un paio molto bravi (eh sì, ho detto due ma tanto sto parlando di me ^^) e già non li pubblica nessuno, figurarsi quelli scarsi. E questo fatto ha due particolari ragioni:

1) Tanta letteratura di genere non è che sia poi proprio il massimo della letteratura in generale (è quasi tutta monnezza, per dirlo senza mezzi termini). E un autore italiano cresciuto leggendo solo monnezza difficilmente sarà in grado di scrivere meglio.

2) Certi generi non appartengono alla nostra cultura. La cultura è anche qualcosa che nasce da dentro, dal DNA, da quello che vedi attorno a te da bambino. Per quanto ci sforziamo, draghi, elfi, zombi, astronavi e stronz... e invenzioni fantastiche del genere non fanno parte di noi. In Italia funziona più una creatività allegra, gli italiani sono più solari, in Italia c'erano romani che andavano in villeggiatura con le bighe e i leoni, e al limite limite limite possiamo metterci i fauni e le divinità che si ubriacavano o si trombavano le vergini di nascosto. Che cappero c'entrano con noi i vichinghi che combattevano i draghi in mezzo alle tempeste di neve? Il fantasy italiano insomma è Pinocchio, non certo il Signore degli Anelli.

Perché i lettori italiani sono idio... volevo dire: poco accorti: se vedono una copertina con su un nome figo, allora pensano che è figo anche il libro e se lo comprano: tutti gli autori fantasy americani hanno il petto scolpito e vanno in giro in perizoma, sapete? Se invece leggono un meschino nome italiano, si pensano che tanto sarà un romanzo scritto da un incapace obeso che sta tutto il giorno a scrivere davanti al computer e non se lo prendono manco se glielo regali. Che poi la vendetta del dragone indemoniato scritto da Paolino Rossi suona malino anche a me, lo ammetto.

Perché gli editori hanno già un sacco di roba straniera da pubblicare: se alla Mondadori (per dirne una) firmano un contratto con un editore americano, probabilmente si ritroveranno con i diritti di duecento scrittori scrausi che nessuno voleva ma che si sono dovuti comprare per potersi accaparrare anche l'unico scrittore figo che vende milioni di copie. Scrauso per scrauso, a questo punto meglio pubblicare un americano tradotto che un italiano sconosciuto: almeno ha un nome che attira e soprattutto l'hai già pagato.

Perché in realtà sono scrittori italiani: sempre per la storia del nome di prima, magari il romanzo che avete acquistato e di cui pensate che l'autore sia una bocciona alta due metri che scrive nuda è stato scritto da un italiano con la panza che si firma con uno pseudonimo straniero (e speriamo almeno che scriva vestito!) Ci sono tanti scrittori anche famosi che hanno fatto così, o che lo fanno tuttora scrivendo magari sotto pseudonimo per una collana e col nome vero per i libri a cui tengono di più o che vanno bene per il nostro mercato. E non è che facciano segreto della cosa, basta leggere le loro biografie.

Come chiusura finale, voglio solo dire che tra i tanti problemi tipici degli emergenti e che affliggono anche me, almeno da questa cosa in particolare io mi sento immune. Col nome che ho, posso spacciarmi tranquillamente per uno scrittore sudamericano... anche perché ci sono delle case editrici italiane che pubblicano addirittura soltanto quelli.

Y Bueno, ahora voy à inviar el manoscrito. Hasta lluego!

Simone

Il mio lettore di ebook con tecnologia e-ink: impressioni a freddo.

Ho comprato un Sony PRS-505 (perché non danno dei nomi decenti a questi affari come fanno con la Playstation, Xbox e compagnia bella?) da circa un paio di settimane, e come promesso mi pare giunto il momento di dare qualche impressione definitiva: come mi sono trovato con questo oggetto? Riesco a usarlo per leggere o è una fregatura? Sostituirà i libri veri o è tutta una tecnologia inventata per vendere agli scrittori emergenti gonzi come il sottoscritto? Vediamo:

Costo: come detto, questo lettore costa 300 dollari (200 euro) a cui dovete aggiungere le spese di dogana, visto che in Europa non è distribuito. Per qualcuno 200 euro sono tanti, per qualcuno pochi e per qualcuno anche troppi. Come detto anche nei commenti ai precedenti articoli, 200 euro sono più o meno 20 romanzi, e se leggete molte cose scaricate aggratis (non necessariamente roba pirata, esiste anche il pubblico dominio o il Creative Commons!) a rifarvi della spesa ci mettete poco. Credo comunque che il prezzo sia un problema secondario, visto che come tutte le tecnologie se prenderà piede si abbasseranno anche i costi.

Praticità: qui si vedono tutti i difetti della novità, nonché i difetti tipici della Sony. Questo affare non ha un caricabatteria ma si ricarica attaccato al PC (una carica dura 7000 pagine: i 20 romanzi di cui parlavamo prima, più o meno ^^). Questo affare legge file in formato txt rtf pdf jpg bmp aac e non so cos'altro, ma NON legge i .lit e altri formati proprietari di altre società. In compenso legge i bbeb, il formato proprietario della Sony che tutti attendevamo con ansia (sono sarcastico, ovviamente).

A dirla tutta, non credo che esista un singolo bbeb in italiano.

Il problema della non esistenza di un formato di ebook standard si traduce nel fatto che è facile ritrovarsi con ebook impaginati male o - nel caso dei pdf - totalmente illeggibili: un pdf impostato per una pagina A4 risulterà infatti compresso a tal punto nello schermino del lettore da rendere illeggibili i caratteri, o comunque da ostacolare la lettura a tal punto da mandare a catafascio l'idea originale di usare questo attrezzo per leggere più comodamente.

È come avere un lettore MP3, solo che invece degli MP3 ogni stupida società al mondo ha dovuto inventarsi il suo formato, chiaramente incompatibile coi lettori degli altri o al limite convertibile con qualche programmino trovato in giro o col semplice copia - incolla. Solo che raramente la cosa dà risultati ottimali, visto che per dire se copincollate un PDF in un file openoffice vi giocate tutta l'impaginazione.

Estetica/maneggevolezza: qui le cose vanno benissimo per quanto riguarda l'aspetto esteriore (c'è una protezione in pelle tipo agenda che non dà fastidio ed è molto pratica). Il lettore e sottilissimo e piuttosto leggero, e in fin dei conti è evidente che la Sony lavora nel mondo dell'elettronica già da qualche anno. I tasti per scorrere le pagine o navigare nei menù sono un po' troppo piccolini, e trattandosi di un libro avrei preferito un grosso tastone enorme e morbido con cui sfogliare le pagine in avanti.

Reperibilità degli ebook: su questo farò un altro discorso più approfondito. Intanto vi dico solo che c'è ovviamente tanto materiale, ma è difficile trovare romanzi nuovi in italiano (sto parlando di cose legali!) Come ho detto, ne riparlerò.

Schermo: be', iniziamo a parlare di quello che ci interessa davvero. Il lettore è grosso più o meno come un libro di formato piccolino (gli oscar mondadori, per dire), mentre lo schermo vero e proprio occupa una porzione di circa 9,2 X 12,5 cm.

Questo vuol dire che, anche a seconda del carattere utilizzato, in una pagina del lettore c'è meno testo rispetto a un libro normale, il che si traduce in uno sfogliare più frequente che a qualcuno potrebbe dare fastidio: diciamo che all'inizio dava molto fastidio a me.

Come se non bastasse, ogni volta che cambiate pagina lo schermo diventa nero per una frazione di secondo prima di mostrarvi il testo aggiornato, altra cosa che potrebbe dare fastidio. Insomma la lettura con lo schermo è ink è diversa dalla lettura di un libro di carta, al punto che qualcuno potrebbe non abituarsi mai. Questo è un difetto che col tempo è destinato a sparire (basta fare uno schermo più grande e che si aggiorni più in fretta), ma ovvviamente ora esiste e mi sembrava doveroso farlo presente.

Il mio giudizio personale, è che dopo un centinaio di pagine di rodaggio leggere a questo modo è diventata una cosa naturale, e mi trovo piuttosto bene. Piuttosto bene non nel senso che tollero i difetti e mi accontento, ma nel senso che neanche me ne rendo conto e mi immergo completamente nella lettura.

Leggibilità: qui la cosa strana è che la pagina dello schermo non è bianca, ma grigiastra. Vi trovate così a leggere un testo nero su sfondo grigio chiaro, altra cosa che a qualcuno potrebbe dare fastidio. Il giudizio personale è che non sembra di leggere un libro di carta (quanti libri con sfondo grigio avete in casa?) ma non sembra nemmeno di leggere sullo schermo di un PC o di un palmare. Il risultato finale è che il testo risulta molto leggibile, al punto che posso andare avanti con la lettura per tutto il tempo che voglio e smettere quando ne ho abbastanza, non quando mi bruciano gli occhi o inizio a sentirmi stordito.

Migliorie rispetto ai libri di carta: sembra strano, ma ne ho trovate diverse.

Intanto potete scaricare libri gratuiti, che non è poco anche se è ovvio.

Meno ovvio è il fatto che, potendo utilizzare dei caratteri più grandi di quelli normalmente usati nei libri cartacei (sempre in base al formato che trovate, ovviamente) il libro elettronico potrebbe risultare addirittura più leggibile di un libro vero. In libreria esiste già almeno una collana apposita di libri fatti per chi ha difficoltà a leggere i caratteri piccoli (si chiama corpo 14, se non erro) e mi è capitato di parlare con persone di una certa età che trovano difficile leggere i libri moderni con i loro caratteri microscopici. Insomma, per molte persone l'ebook reader potrebbe essere un ritorno a una lettura piacevole e rilassata.

In ultimo, avere un unico oggetto con cui leggere tutti i libri non è una brutta cosa. Non tanto per il risparmio di carta (questo è sempre ovvio), quanto per la sensazione che si prova nell'utilizzarlo. Immagino cioè che ci si possa abituare a usare il nostro personale lettore al punto da apprezzare maggiormente la lettura tramite questo, piuttosto che con un libro di carta impaginato diversamente o con un altro lettore che non ci è familiare. Il nostro lettore per leggere i nostri libri, insomma, un po' come la nostra poltrona su cui ci piace tanto stare sdraiati mentre leggiamo.

Conclusioni: il lettore di ebook della Sony mi ricorda i primi lettori MP3 (qualcuno ricorda il Diamond Rio con 32 mega di memoria?): l'oggetto in sé ha un software lentissimo, ci sono problemi di compatibilità, problemi di progettazione, problemi di ergonomia, problemi che non ho trovato io ma trovereste voi e ancori altri problemi tipici di ogni nuova tecnologia che non è ancora rodata a dovere.

Sempre come i primi lettori MP3, il lettore della Sony ha la stupefacente caratteristica di fare davvero quello che cerca chi ne acquista uno: inserite un ebook al suo interno (magari smanettando un po' a seconda dei casi) e adesso potete leggerlo assaporando realmente il piacere della lettura. È migliorabile, ma non è una fregatura: funziona davvero, e se ne acquistate uno e non state lì a concentrarvi sulle tante cose che ci sarebbero da sistemare potete davvero usarlo per leggere i vostri libri elettronici.

Consiglio finale: io ho già letto quasi due romanzi con questo lettore (parlo di romanzi lunghi!) e sono convinto che lo userò per leggerne molti altri. Se voi pensate di usarlo allo stesso modo (o magari già leggete ebook su un palmare o sullo schermo del PC!) sicuramente l'oggetto vi darà soddisfazione. Se per voi costa troppo, o se temete di non usarlo a dovere, sicuramente nel giro di un paio d'anni ci sarà di molto meglio a un prezzo molto inferiore e forse vi conviene aspettare un po'.

Insomma, come è ovvio la scelta sta a voi. Io sono contentissimo dell'acquisto... se non altro perché mi ha dato lo spunto per un sacco di aggiornamenti del blog. Più avanti infatti vi tedierò anche con qualche considerazione filosofica sul rapporto tra libro vero e libro di carta.. ma intanto mi pare di aver scritto più che abbastanza e vi saluto.

Simone

Ma a che serve un lettore di ebook quando esistono già i libri veri?

Ho comprato un lettore di ebook (il Sony prs-505) un paio di settimane fa, mi è arrivato da tre giorni e le impressioni iniziali le trovate qui. Tra una settimana o giù di lì vi darò anche un giudizio personale su questo apparecchio specifico, e più in generale su quanto sia leggibile o meno un libro elettronico inserito in un lettore che utilizza la tecnologia e-ink (uno schermo simile alla carta, per chi non lo sapesse).

Intanto, dai commenti al precedente post mi rendo conto che per molti il problema non è tanto che un lettore del genere funzioni bene e sia leggibile e faccia quello che promette, quanto semplicemente giustificare il suo utilizzo. In sostanza: a che serve un lettore di ebook quando ci sono già i libri veri?

Ecco, io non sono certo pagato dalla Sony o da quelli che fanno l'e-ink, per cui non starò qui a convincervi (o a sconvincervi, se mi pagasse qualche altra società concorrente) dell'effettiva utilità di 'sti affari. Vi posso però dire per quale motivo io ho scelto di comprarne uno, e il motivo è anche fin troppo banale: l'ho comprato per leggere gli ebook.

Sembra un fatto ovvio, ma a leggere le vostre impressioni forse non lo è. Attualmente c'è una direi enorme produzione letteraria online, molti scrittori pubblicano racconti e romanzi sui propri blog, c'è una biblioteca sempre più vasta di classici rilasciati in pubblico dominio, (a gratis) e qualche autore famoso un po' più intraprendente rende possibile lo scaricamento gratuito di opere anche commerciali (uno per tutti, i Wu Ming... e vabbe' non è uno ma cinque).

Il problema, però, è che fino a oggi di tutti questi libri io non credo di averne mai letto uno (per quanto io abbia sempre spergiurato il contrario ^^). Leggere a schermo è fastidioso, stanca in fretta, e poi leggere seduti alla scrivania davanti al PC non è proprio piacevole come starsene sbracati in poltrona oppure sul letto. Stamparsi gli ebook invece è una gran rottura di palle, il formato A4 è comunque scomodissimo da leggere e senza stare lì a metterci anche una rilegatura di qualche tipo tocca leggersi i fogli spaginati che io personalmente trovo odiosi.

Io stesso distribuisco i miei ebook già da anni, e a fronte di migliaia di copie scaricate ricevo relativamente pochi commenti. Mi pare evidente che ben pochi scaricatori abbiano poi il coraggio e la pazienza di leggermi davvero, ma non tanto perché il testo non li attira (in fondo cliccarci per scaricarlo è già un segno di interesse) quanto perché non sanno come leggerselo.

E insomma, un lettore di ebook nasce per risolvere questo problema qui: come si leggono i libri elettronici? Ma con un lettore di libri elettronici, ovvio! Di molti testi in formato digitale non esiste una versione cartacea, oppure esiste ma è a pagamento (anche se io non amo molto questa cosa di scaricarsi tutto senza pagare niente, ma sto finendo in un discorso troppo più complesso che magari faccio un'altra volta) per cui il problema che il libro vero sia meglio o peggio di quello elettronico nemmeno si pone. Quello che mi chiedo io è se esisterà mai un vero successo editoriale che non sia passato per una stampa tradizionale: immagino che sia possibile, anche se adesso è decisamente troppo presto.

Tornando al lettore di ebook: ma funziona questo affare, oppure è una sola, come dicono a Roma? Ecco, di questo volevo parlare più avanti... al momento vi dico solo che in quattro giorni (di cui uno a capire come farlo funzionare) ho letto mezzo tre uomini in barca, tre o quattro capitoli di capitoli di Nevicata (il libro di Alex, che trovate qui), un pezzo di Alice nel paese delle meraviglie, un po' di Salgari e un ebook di un emergente di cui non dico titolo e nome perchè era orrendo.

Adesso finisco di leggere un po' delle cose che ho iniziato, e poi vi dico qualcosa di più.

Simone

È arrivato il mio ebook reader, e-ink, lettore di ebook, palmare anti accecamento o come caXXo si chiama.

Chi segue un po' la scrittura online avrà già sentito parlare di questi cosi, e nella mia veste di aspirante scrittore famoso emergente digitale non potevo non essere uno dei primi ad accattarmente uno.

Quelle che seguono sono le mie prime impressioni sul Sony PRS-505, quello che ho preso io... A revolutionary digital reading experience secondo quello che dice la casa produttrice.

Prezzo: dico subito che questi lettori in Italia ancora non si trovano. Io l'ho comprato su E-bay pagando 200 Euri il coso sopracitato e 35 euri circa di dogana. Il costo è altino ma tempo addietro avevo visto altri modelli che costavano tranquillamente il doppio... e comunque data la mia posizione credo che l'acquisto fosse quasi obbligato per cui a me sta bene. Ah, la spedizione è arrivata in una decina di giorni, insomma abbastanza liscio come acquisto dall'estero.


Ancora la scatoletta, ma vista da un'altra angolazione.


Il contenuto della scatola denota un certo... bo' fate voi: il lettore, un foglietto di istruzioni, un Cd e un cavetto usb. Il caricabatterie te lo compri a parte, o ricarichi il lettore attaccato al PC. La calcolatrice è mia non stava nella scatola!


Il lettore da vicino, se vedete è molto sottile e la custodia è efficace. Esteticamente direi che è ok.


Ecco il messaggio di avvio del lettore, che foto irrinunciabile!


La schermata di selezione degli ebook. Il coso in questione è anche un fantasmatico lettore MP3 con ben 200 mega (sì ho detto mega) di memoria interna, e sì ovviamente tutti noi vorremmo andare a fare jogging con questo affare in tasca. Per chiarire, il lettore prende anche schede SD e Memory Stick, per cui se volete altra memoria non ci sono problemi.


L'ebook più bello mai stampato. E lo so che non si stampano, gli ebook.


Un altro ebook che leggerò a brevissimo, qualcuno lo conosce 'sto tizio?


Ecco la prima magagna: se leggete un PDF impostato come foglio A4, i caratteri sono troppo piccoli e vi tocca leggerlo per sbieco (o chiedere all'autore vostro amico di mandarvi il file in un altro formato ^^). Chiaramente, i pdf non preparati per questi lettori sono TOTALMENTE ILLEGGIBILI per cui scordatevi di leggervi tutti i pdf che avete accumulato fino a oggi.


Un ebook impostato come si deve, evidentemente è ben leggibile. Il testo dal vero sembra un foglio di carta stampata e non uno schermo digitale, anche se lo sfondo grigiastro non è il massimo. Comunque l'immagine rende male: in realtà c'è un buon contrasto tra il testo e sfondo, che non è così scuro come appare in fotografia.

Per impressioni di lettura e un giudizio complessivo vi toccherà aspettare un po'!

Ciao!

Simone

Non c'avete capito un cavolo: ecco come si diventa scrittori davvero!

C'ho messo un pochettino (svariati anni) ma alla fine ci sono arrivato anche io. Non è colpa di come scriviamo, dei cattivi editori, del mercato o di chi legge! Se come autori non abbiamo successo (o peggio nemmeno ci vogliono pubblicare niente) è colpa delle stupide idee preconcette di cui è impregnata la nostra mente di aspiranti scrittori.

Il sistema che più o meno tutti utilizziamo è il seguente:

Passione personale - idea - scaletta - scrittura - proposta all'editore - lunga attesa - fallimento.

La passione è quella che ci spinge ad (appunto) appassionarci a un genere e a voler scrivere cose analoghe.

L'idea è l'intuizione per il nostro romanzo.

Scaletta e scrittura riassumono ovviamente il lavoro di stesura del romanzo stesso di cui avevamo l'idea.

La proposta all'editore sarebbe l'invio del manoscritto a qualche casa editrice.

L'attesa e il fallimento sono il finale ovvio e scontato di qualsiasi progetto partito con questi malsani presupposti.

Ecco invece come scrivere davvero un libro e come presentarlo se vogliamo fare della scrittura una professione. Lo schema questa volta è il seguente:

Analisi del mercato - idea - proposta all'editore - scaletta e scrittura - invio all'editore - successo.

L'analisi del mercato consiste nel saper capire cosa si vende e cosa vogliono i lettori (che poi è lo stesso che vogliono gli editori).

L'idea sarebbe il vostro spunto per una storia che si inserisce nelle richieste del mercato. Tipo se va di moda il fantasy con gli gnomi volanti, scrivete un altro fantasy con altri fottuti gnomi volanti.

La proposta editoriale, che deve avvenire PRIMA della scrittura del romanzo e non a posteriori, indica semplicemente questo: voi telefonate all'editore e chiedete se sarebbero disposti a valutare un romanzo di un certo tipo e con una certa trama, specificando che in caso affermativo voi lo scriverete appositamente per loro.

Scaletta e scrittura è il meccanico e noioso lavoro di costruzione del prodotto libro necessario alla vendita di nuovi gnomi volanti.

L'invio all'editore è sempre lo stesso, fermo restando che trattandosi di qualcosa di costruito sul mercato e su richieste dell'editore stesso se non ve lo pubblicano sono proprio delle teste di cappero (anche se può sempre succedere).

Il successo finale non è certamente scontato, ma tutto rema già a vostro favore (in fin dei conti avete scritto un libro che la gente ha già piacere di leggere). Direi che un pochino potete sperarci.

Fine della storia. Siete scrittori professionisti! Certo, il vostro romanzo non ha più tutto questo fascino (almeno per chi sa come lo avete scritto ^^), non c'è il bello dell'invenzione, non trasmetterete nuove idee e non cambierete il mondo.

Che poi, in fin dei conti, è lo stesso discorso che vale per qualsiasi altro lavoro. Solo che invece che dire che fate l'avvocato, il medico o l'ingegnere potrete dire che fate lo scrittore.

Eh be'... volete mettere? ^^

Simone

I libri li scrive la gente: il rapporto tra creatività e commercio.

Vi propongo una riflessione su uno dei soliti temi di cui si discute spesso. Un'idea un po' diversa (spero) nell'ambito dei classici discorsi su arte, scrittura, commercio ed editoria.

Si vendono libri brutti, e non si vendono (o non si leggono) i libri belli. Questa è una lamentela tipica da aspirante scrittore, intendendo come tale una persona che vorrebbe lavorare nel mondo dell'editoria o della creatività in generale, ma che da questo mondo si vede respinto per mille motivi (che adesso non ci interessano).

La verità ovviamente è un po' più complessa. La realizzazione e vendita di un prodotto commerciale segue determinate regole, e queste regole si riassumono essenzialmente in una sola: l'investitore (editore o produttore o quello che è) deve guadagnare (ergo: gabbare gli incauti consumatori) attraverso l'oggetto su cui ha investito il proprio denaro (il vostro stupido libro). Quello che non è giudicato economicamente interessante (facilmente vendibile) non viene prodotto e smerciato, punto. E se questo sistema non vi piace basta che investiate da voi i vostri soldi nel vostro libro che non vuole leggere nessuno, e quando sarete diventati poveri di sicuro cambierete idea (o lavoro).

Eppure, nonostante l'arte commerciale (tutto quello che leggete, vedete, ascoltate o comunque acquistate) non sia vera arte, intesa cioè come libera espressione creativa, io ricordo con piacere e quasi con affetto alcuni libri, film o album della mia ancor più giovinezza (sono ancora giovanissimo, mi pare di averne già parlato ^^). In particolare un libro o due e un disco o due mi hanno colpito a tal punto da influenzarmi, da spingermi cioè e pensare in un certo modo e a impostare la mia vita in una certa direzione.

Ma che senso ha questo? Come può un pacchetto di caramelle con sopra due tette (potrei dire un best seller o un colossal, per me è lo stesso) cambiarvi la vita o comunque insegnarvi qualcosa? Ok, le tette sono sempre tette, ma chiariamo un po' la situazione su cui sto riflettendo: perché una cosa realizzata a esclusivo fine commerciale seguendo leggi di mercato e strategie di marketing può tornare ad assumere un valore artistico? Come può un Bigmèc trasmettere un sentimento e come è possibile che un paio di Naik colpiscano profondamente la nostra immaginazione?

Vediamo qualche eventuale possibilità:

Perché io sono un coglione: questo in effetti è vero nel 99,9% dei casi: qualcuno monta un progetto commerciale dotato di valore intrinsceco pari allo zero (una cagata, per chiarire) e comunque ci saranno persone su persone che ci vedranno dentro chissà cosa, e chissà perché ne resteranno affascinati. Adesso vi parlerei male di certe trilogie cinematografiche per cui la gente sembra impazzire, ma poi mi sabotano il blog per cui meglio che sto zitto.

Perché da ragazzino sei più influenzabile e meno esigente: effettivamente tutti i film, libri e canzoni che ho amato di più appartengono alla mia adolescenza. Arrivo a credere che gli anni '80 fossero l'epoca d'oro del cinema che oggi è praticamente morto e sepolto visto che anche i kolossal di maggiore successo io li trovo orrendi. Ma forse ero solo io che se negli anni '80 vedevo un tizio con la frusta laser che per catturare i fantasmi costruiva un'automobile che viaggiava nel tempo (li ho mischiati un po' tutti) mi sembrava di trovarmi davanti a chissà cosa, mentre tutto quello che si inventano oggi mi fa sbadigliare.

Perché per davvero era meglio prima: negli anni '80 un film o un libro costavano TOT, e se sbagliavi e non vendevi forse potevi ancora farne un altro. Oggi i libri non vendono un cappero e fare un film costa 20 volte TOT, e se le cose ti vanno male le persone che hai sbancato ti fanno fare una brutta fine.

Perché qualcuno è davvero bravo: certi autori riescono a produrre cose vendibili, che allo stesso tempo sono valide e interessanti. E in effetti specie nel cinema me ne viene in mente più d'uno. Nella letteratura ci sono ovviamente io, strano solo che le mie cose vendibili e valide non le voglia leggere nessuno.

Rimane però un'ultima ipotesi, che poi è proprio l'idea che mi ha spinto a scrivere questo post.

I film e i libri hanno successo quando assecondano il gusto del pubblico, e questo è innegabile. C'è insomma una sorta di bello collettivo, un desiderio sociale che cerca nuove storie e nuovi racconti che accontentino le sue aspettative. E forse è proprio da questo meccanismo che nascono le storie affascinanti che ci colpiscono più nel profondo: scrivendo quello che piace alla gente si può scoprire in cosa consiste il gusto collettivo della nostra epoca, e con esso definire meglio noi stessi e l'essere umano di oggi.

L'artista che propone un nuovo oggetto in cui possiamo riconoscerci è destinato a piacere e ad avere successo. E questa in fin dei conti è una delle chiavi con cui si può creare un vero capolavoro: analizzare il nostro tempo, capirlo e ricostruirlo secondo un canone artistico.

Troppo complicato? Non lo so, forse. Allora provo a fare un esempio:

Magari nel 1980 o no so bene quando la gente sognava un progresso scientifico che ci desse un controllo più grande sul mondo e sulla nostra vita. Una macchina con cui risolvere tutti i nostri problemi e che ci consentisse di cambiare il destino da sfigati che ci perseguita. Qualcuno ha percepito questo sentimento, si è inventato una Delorean che viaggiava nel tempo, ed ecco che è uscito un film magari leggero magari commerciale ma che dopo 20 anni la gente ancora ricorda e rivede con piacere. Ma non è stato il film a piacere al pubblico di adolescenti dell'epoca (oh, a me è piaciuto, ok? ^^); era il pubblico ad aspettare un film del genere, e chi lo ha ideato e realizzato non ha fatto che accontentare il desiderio degli spettatori.

In fin dei conti, il succo del discorso è che la nostra creatività nasce dalla visione del mondo che in questo momento ci piace abbracciare, mentre le storie che scriviamo raccontano noi e la nostra vita, come singoli e come società.

I libri li scrive la gente, insomma. Che poi, detto così, mi pare un concetto fin troppo ovvio.

Simone

Come trovare delle idee (se proprio non ne avete di vostre).

In sintesi il problema è questo: vogliamo scrivere un racconto, un romanzo, un fumetto, una sceneggiatura e insomma qualsiasi cosa di scrivibile, però non ci viene in mente nulla di nulla.

Del fatto che questa cosa sia un po' strana abbiamo già parlato. Parliamo invece adesso di come si possa in un certo qual modo porre rimedio a questo problema, e cioè di:

Come inventarvi qualcosa da scrivere quando non avete nulla da dire.

Leggete qualche libro: non ci voleva tanto ad arrivarci da soli, no? Il libro di qualcuno potrebbe ispirarvi, e spingervi a tirar fuori qualcosa di vostro. Attenti però a non copiarlo uguale e identico all'originale... a meno che non sia un libro fantasy, horror o thriller: in questo caso, dovete copiarlo uguale.

Vedete un film: che poi è come leggere un libro, solo che è più facile scegliere quello che ci interessa, richiede meno tempo e la cosa costa meno fatica. In effetti, mi chiedo perché la gente si ostini ancora a scrivere libri... ^^

Aprite un blog e parlate degli affari vostri: non so a cosa serva, e non so perché dovreste voler fare una cosa simile. Però a scrivere quello che v'è successo 5 minuti prima ci vuole poca fantasia, e se anche a nessuno gliene frega niente è una cosa che fanno praticamente tutti. Anche io.

Parlate di politica: non ci vuole nessuna idea o preparazione particolare. Non dovete essere colti, e nemmeno dovete informarvi (e anzi oserei dire che la cosa sarebbe controproducente). Per parlare di politica basta affacciarvi alla finestra è lamentarvi di quello che vedete (ah, guarda che traffico, e poi l'inquinamento, e tutti questi piccioni, il sole sentite che caldo tutta colpa dell'effetto serra, basta ribelliamoci!).

Il bello è che otterrete comunque il consenso di qualcuno.

Studiate: la scrittura è in qualche modo associata alla cultura, e la cultura di una persona è a sua volta in qualche modo associata allo studio. Lo studio poi dipende da quanto non avete un cappero di meglio da fare, che tra l'altro è una condicio sine qua non per mettersi in testa di fare lo scrittore.

Fate un viaggio: se vedete un posto nuovo e staccate dalla solita routine, è probabile che vi venga anche qualche nuova idea. Se poi una volta tornati dal viaggio non vi viene lo stesso in mente niente di nuovo... se non altro, vi siete fatti una vacanza.

Interessatevi a qualcosa di nuovo: se fate sempre le stesse cose, che volete che cambi dentro i vostri schemi mentali? Provate a fare un nuovo sport, a leggere qualche genere che di solito evitate, a parlare con persone nuove, a uscire e visitare un museo o posti della vostra città in cui di solito non andate. Insomma le idee sono già nella vostra testa, voi dovete solo scuotere un po' nella speranza che caschino fuori.

Leggete i giornali: io non lo faccio mai (guardo le notizie online). Comunque immagino che seguendo le notizie di cronaca e di attualità vi farete un'idea di cosa interessa le persone in questo momento, e potrete scrivere qualcosa che accontenti il desiderio comune di approfondimento e riflessione sul mondo che ci circonda.

Che dite? Le notizie più importanti e ripetute sono collegate a sesso, violenza e al limite a qualche losca manovra politica? Be', e che altri temi volevate trovare sulle prime pagine dei quotidiani più venduti?

Anche i giornalisti, in fin dei conti, hanno un pubblico da accontentare.

Simone

Come nasce l'idea per un libro?

Prima di tutto ringrazio Ilenia, che mi ha dato lo spunto per questo post.

Come nasce un libro? Una domanda importante, non credete? Ci sono milioni di libri in circolazione. Io direi anche milioni di miliardi, tanto per voler eccedere un pochettino (ma mica tanto), e tutti questi libri sono stati scritti da qualcuno. E questo qualcuno, in qualche maniera, prima di scrivere un libro lo avrà necessariamente pensato.

Non dico che ci sia per forza un grosso lavoro di progettazione dietro a ogni copertina e a ogni romanzo, e anzi tante volte i lavori migliori nascono di getto o addirittura per caso (tipo il mio libro del blog). Però è vero che esiste un momento nella storia di un testo, una fase di passaggio tra il suo non esistere e il suo esistere se non ancora su carta almeno nella mente del suo autore.

La decisione di scrivere, la scelta razionale di mettere su carta un'idea. Una sorta di concepimento letterario che segna l'inizio di una storia che forse ci sarà o forse no, forse venderà milioni di copie o forse non sarà mai pubblicata, ma in qualche modo esiste già in forma potenziale.

Ma da cosa nasce questa idea? Come vi viene in mente un libro, un racconto, una storia o un trattato? Credo che ci sia più di un percorso che porti all'immaginazione di un testo, per cui come sempre beccatevi la solita lista simil spiritosa buttata giù un po' alla ca... volevo dire: come mi ha spinto a fare l'ispirazione.

Come nascono le idee per i nostri libri?

Il libro racconta una nostra esperienza: fermo restando che nel 99% dei casi realizzerete una schifezza, tante volte avvengono eventi così importanti che è effettivamente giusto e necessario metterli per iscritto. Sono i romanzi tratti da storie vere, i trattati e i racconti di eventi drammatici.

Il mondo ha bisogno di questo libro: un modo elegante per dire che siete dei gran paraculi e avete imbroccato (o sperate di averlo fatto) un'idea potenzialmente vendibile e interessante. Prendete qualsiasi trattato sui morti ammazzati o un libro che sputtani il politico di turno, o ancora il solito sesso (che palle!) o un tema angosciante appena costruito da qualche giornale. Tipo la solita nuova malattia che ci ucciderà tutti... ma che poi purtroppo (??) non era vero.

Vi viene in mente un'idea che sembra interessante: il sembra è la bestia nera che distrugge la maggior parte dei romanzi originali, visto che in genere il vostro libro sembra interessante a voi mentre al resto del mondo non gliene importa un emerito c-avolo. Ma almeno qualcosa inizia a girare come si deve: avete avuto un'idea, siete dei creativi!

Resta da capire se l'idea funziona o non funziona (tante volte non si riesce a tirare fuori una storia completa anche da idee apparentemente interessanti), dopo di che eventualmente la si sviluppa con una trama e dei personaggi ed ecco che il libro inizia a prendere forma. Il problema è che poi non interesserà a nessuno, ma è vero... questo l'avevo appena detto.

Vi viene in mente un personaggio che sembra anch'egli interessante: spesso non è l'idea o la trama la prima cosa ad arrivare, ma il protagonista. È stato così sia per il libro dei gatti che per Primo Mazzini: avevo in mente i personaggi, mi sono piaciuti e ho costruito una storia di cui fossero i protagonisti. Inutile dire che i personaggi potrebbero piacere solo a voi e che probabilmente la trama sarà insulsa, ma sono i rischi del mestiere.

Vi viene in mente una situazione: la stessa cosa che è successa per i personaggi, solo che adesso è una determinata scena che vi cattura e vi affascina, fino a spingervi a costruire tutta una struttura di trama e personaggi che faccia infine verificare un determinato avvenimento.

Resta infine l'ipotesi più semplice:

Il libro è una fotocopia di un altro libro: magari voi lo scrivete meglio, ma la trama è sempre quella. La gente se lo compra ed è contenta, l'editore vende i libri ed è contento, voi fate qualche soldo e vostra moglie è contenta... insomma tutti contenti, evviva, bravi!

Al posto vostro, ne scriverei subito un altro! ^^

Simone

Quante volte si può riprovare prima di darci un taglio?

Un post un po' triste o negativo se volete, ma credo che sia necessario:

Immaginate di essere uno scrittore in cerca di successo editoriale, o anche solo in semplice cerca di un editore che non porti troppo successo. Scrivete un romanzo che a voi sembra buono, ma nessuno ve lo pubblica. Allora ne scrivete un altro ma ancora niente. Scrivete il terzo e niente uguale. Un quarto ed è il quarto rifiuto continuo... e diciamo che arrivate a cinque, che il libro del blog non è un romanzo e non conta. Insomma:

Quanto si deve provare a fare lo scrittore prima di chiudere baracca e burattini?

Vediamo vari punti di vista... e ripeto scusatemi se oggi suono un po' troppo negativo, ma l'argomento è quello che è!

Al primo tentativo andato male: la scrittura è una delle tante cose che si possono fare nella vita, e non è nemmeno tra le più importanti. Non è andata, e amen.

Appena ti rendi conto che non guadagni: ogni lavoro va retribuito, anche quello dello scrittore. L'idea che si scrive per la gloria è una perversione del ruolo dell'intellettuale voluta da chi semplicemente a questo modo risparmia di pagare uno stipendio a qualcuno. O per far contenti anche gli incapaci: sì scrivi scrivi... che bello, bravo!!! ^^

Quando capisci che tu non funzioni: non è questione di più bravo o meno bravo. Nessuno vuole leggere un autore fantastico italiano (non in senso di bravo ma in senso del genere!) che non scriva di scopate o di spade a due mani con nobile paladino incorporato. E poi, davvero... i gatti come cazzo ti sono venuti in mente?

Appena ti senti stanco o giù di morale: la creatività dovrebbe gratificarti. Quando invece diventa un peso, è il momento di chiudere.

Quando capisci come funziona: il testo di un libro edito ha lo stesso valore culturale delle minacce di morte scritte sui pacchetti di sigarette. Da "fuori" non sembrerebbe, ma appena ti affacci pensi che se già all'epoca rifiutavano Primo Levi davvero tu dove cappero vuoi andare?

Da una lettera di rifiuto a Primo Levi: gentile autore. Abbiamo già abbastanza libri che testimoniano la persecuzione degli ebrei. Saremmo piuttosto interessati a valutare qualcosa con un protagonista di colore.

Quando capisci che è una cosa usa e getta: dopo due mesi un libro già non si trova più. Schweitzer o qualsiasi altro nobel facevano meglio ad aprirsi un blog (così magari almeno gli ebook adesso si trovavano!) e quello che viene riproposto come imperdibile capolavoro è solo marketing che si spara le pose.

Quando scopri che i tuoi stessi libri ti annoiano: scrivere è fatica, rileggere è tedioso e nessuno nemmeno ti paga. Ma non puoi trovarti un hobby che ti piace di più? ^^

E poi, ovviamente, il finale buonista: non puoi davvero smettere di scrivere, perché i tuoi libri ti verranno a cercare.

Anche se quest'ultima cosa mi pare tanto una boiata ^^.

Simone

NOTA: se non fosse di per sé evidente a tutti, giudico Se questo è un uomo di Primo Levi uno dei migliori motivi per imparare a leggere (e già che avete imparato, date un'occhiata anche a La marcia di Elie Wiesel).

Il rifiuto editoriale c'è stato davvero, magari con toni diversi. Il libro fu poi pubblicato da De Silva editore vendendo la vertiginosa cifra di 1500 copie.

Quello che vuol fare lo scrittore anche se non ha niente da dire.


Non è proprio come il blocco dello scrittore, e anzi forse è la situazione esattamente opposta: vi sentite carichi, pronti a scrivere e a impegnarvi in un progetto impegnativo (sì, magari a parole ^^) avete i polpastrelli che vi prudono, il PC acceso, casa senza distrazioni e tanta voglia di diventare degli autori ricchi famosi e soprattutto emergenti come il sottoscritto.

Però non avete idee.

Ok, non è come l'altra volta (nel blocco, appunto) che non scrivete perché avete delle idee o un libro avviato ma non ve la sentite di andare avanti. Adesso ve la sentireste eccome, però non avete un cavolo da scrivere!

E ok, allora siete voi! Ma quanti problemi si fanno questi aspiranti scrittori! Vorrei proprio vedere se chirurghi, commercialisti, panettieri e fabbro fanno tutte 'ste lagne che fate voi per mettere giù 4 righe che poi nessuno vuole neanche leggere (ricordatevi sempre che la vostra parte nell'editoria è - nella migliore delle ipotesi - quella del rompipalle).

E vabbe', se adesso non vi do qualche consiglio finisce che non non mi pagate. Però la prossima volta. Cioè, intendo dire che nel prossimo post potrei darvi dei consigli su come trovare delle idee se non ne avete delle vostre. Adesso però provo a fare un discorso un po' più serio, ma sottolineo provo per cui non vi aspettate chissà che cosa.

Ed eccovi il discorso serio: se non avete delle idee vostre, mi spiegate cos'è che vi affascina del mondo della scrittura? Ci manca solo un altro aspirante scrittore che scrive perchè... perché... bo?! Non lo sa nemmeno lui perché. Non ha niente da dire, però vuole scrivere e basta.

Se ne trovano un po' ovunque di personaggi di questo tipo: sui forum, nei siti web, nei bloggacci degli scrittori emergenti, su Lulu e sugli altri servizi di Print on demand, su Emule, nelle raccolte di giovani autori edite da giovani editori... insomma un sacco di gente adora scrivere, ma non per la comunicazione o per studiare un argomento o per raccontare un evento importante o per mille altri motivi di carattere più pratico. Affatto! Queste persone scrivono al semplice scopo di sentirsi scrittori, ma perché?

L'unica cosa che mi viene in mente (eventuali altre idee le lascio ai commentatori) è che si scrive nella malsana idee che fare lo scrittore sia da fighi. Gli autori sono belli, colti, importanti, rimorchiano, hanno vite affascinati... e insomma lo scrittore incarna l'ideale di realizzazione personale che ognuno vorrebbe far suo, ancora più che partecipare al Grande Fratello o eccellere nel giuoco della palla.

E va bene, vi dirò la verità. Ma la vera vera vera vera verità: non conosco un solo altro scrittore che sembri anche lontanamente figo, e anzi se poco poco qualcuno è simpatico e piace e ha successo è assolutamente scontato che morirà di morte violenta e prematura prima dei 30 anni.

Io i 30 li ho passati da un pezzo, per cui il problema non mi tange... anche se per sicurezza un gesto scaramantico mi riservo di farlo lo stesso.

Voi fate pure il vostro ^^.

Simone

La teoria del controllo: come non essere uno scrittore del caso.

Quella che mi appresto a illustrarvi è una sorta di teoria della quale io stesso non sono necessariamente convinto, ma che dall'alto alto alto della mia esperienza di autore (5 libri finiti + 2 in progress e tutti non pubblicati!) mi sembra il caso di approfondire.

Insomma il titolo lo avrete già letto, ma che cosa ho in mente? In sostanza, vorrei farvi riflettere su quanto sia importante avere coscienza del nostro lavoro, conoscere i nostri strumenti letterari e progettare il nostro romanzo al punto da raggiungere un totale controllo su ciò che ci accingiamo a scrivere. Più siamo in grado di controllare le varie componenti della scrittura, e maggiormente avremo la capacità di scrivere un romanzo di alto livello.

Però attenzione: il successo editoriale non ha niente a che vedere con la qualità di quello che scrivete. O meglio, questa qualità sarebbe meglio che ci fosse, ma le regole che... regolano (non mi veniva un altro verbo) il funzionamento commerciale di un prodotto editoriale tengono conto di ben altri fattori... e anche un bel po' di fortuna sfacciata. Altrimenti, scusate, se bastasse scrivere bene io sarei già un autore famoso, no? Come dite? Che volpe? Che uva? Non vi capisco proprio ^^.

E vabbe' del successo editoriale parliamo più avanti (magari quando avrò qualcosa da dire ^^) mentre adesso piuttosto che ripetere il titolo del post scrivo:

COME ESSERE UN GRANDE SCRITTORE CONTROLLANDO TUTTO CIO' CHE SCRIVETE

Il genere: se decidete di seguire un determinato genere letterario, mi aspetto che come minimo sappiate in cosa vi state andando a impelagare. Dei generi letterari parleremo più avanti (forse), ma è importante capire che ognuno ha le sue regole che possono anche essere ignorate, ma sempre con cognizione di causa. Cioè, un horror che poi si risolve senza ricorrere a scene di paura, morte, violenza, omicidio, sangue, mostri e puttanate varie non so che effetto possa avere sugli appassionati del genere. Ancora, un giallo che inizia presentandoci l'assassino può essere un'ottima idea (tutte le puntate del tenente Colombo sono così, o almeno quelle che ho visto io) però insomma dovete saper controllare le conseguenze di quello che scrivete.

L'ambientazione: dove si svolge la vostra storia? Conoscete i posti che andate a descrivere (se sono reali) oppure avete ideato luoghi e situazioni interessanti e realistici nel caso di ambientazioni di fantasia? Se descrivete i vari ambienti con la prima immagine che vi viene in mente al momento della scrittura il risultato sarà bruttino, per il semplice fatto che la realtà di un qualsiasi luogo esistente è milioni di volte più complessa di quello che può venirvi in mente in cinque minuti. I vostri ambienti saranno sciatti, e i lettori lo noteranno.

NOTA: lo so che questi primi due punti sono banalissimi (proverò a rifarmi con quelli che seguono), ma che ci posso fare se poi i libri degli aspiranti scrittori sono comunque pieni di questi errori?

La forma del testo: prima o terza persona? Tempo presente, passato, futuro, trapassato prossimo, subgiuntivo più che perfetto (non so se esiste davvero in Italiano, eh)? Il lettore sa tutto di tutti, sa qualcosa di qualcuno o magari non sa niente di nessuno e il libro è un malloppo di pagine vuote (comodo per scrivere tanti romanzi in poco tempo ^^). Ovviamente ognuna di queste scelte cambierà radicalmente il risultato finale. Non dico che ci sia necessariamente un meglio o un peggio (anche se immagino che sia così) ma un bravo scrittore dovrebbe sapere che cosa comporta una determinata decisione prima di ritrovarsi di fronte a un testo finito che magari non lo soddisfa.

Il titolo: sebbene la sua importanza sia risibile (tanto se vi pubblicano un romanzo l'editore si impegnerà per trovare un titolo che a voi non piace) saper dare un nome a una storia equivale a saperla analizzare nella sua interezza e ad avere le idee chiare su quello che vogliamo che il lettore si aspetti da noi. Questo non vale per i romanzi fantasy, i cui titoli seguono regole ben precise che penso di spiegarvi in futuro.

I personaggi: se non studiate i vostri personaggi a dovere, vi ritroverete a parlare di voi stessi che incontrate degli stereotipi e che poi fate la conoscenza di qualche tizio uscito dall'ultimo film che avete visto. Ma di questo abbiamo già parlato da poco, per cui se vi interessa sfogliatevi gli ultimi post. Non metto il link perché sono pigro ^^.

L'idea: di che parlerà il vostro libro? Quali argomenti verranno affrontati, e qual è il messaggio che volete trasmettere (sempre che ne vogliate trasmettere uno)? Qui il difficile non è tanto avere l'idea in sé, visto che come creativi di idee dovreste averne anche troppe (vero, no? ^^) La cosa impegnativa è invece saper capire quali idee sono buone e meritevoli di essere sviluppate, quali spunti siano invece da scartare e ancora in che modo inserire il vostro fantomatico punto di vista all'interno della storia che andrete a scrivere.

Lo sviluppo: una tecnica molto in voga nella narrativa moderna è quella che ho deciso di definire come: rovina l'idea di partenza. In sostanza si tratta di partire da uno spunto particolarmente interessante (arrivano gli alieni, attori famosi rapinano una banca o l'innovativo qualcuno fa sesso) per poi andare avanti con qualsiasi stronzata vi viene in mente fino a ritrovarvi cun un film o un libro delle giuste dimensioni richieste dal mercato.

A quel punto incollate un finale standard stile: il buono decide di andare a casa del cattivo e mena/spara/uccide tutti o ancora: lui capisce che ama lei e la raggiunge di corsa alla stazione o tanto per dirne un altro: il mostro non era morto, ma salta su con un rumore pauroso, mangia l'ultima comparsa ancora in vita e poi il protagonista lo ri-uccide con uno stratagemma insensato.

Come penso di aver già detto in passato, sviluppare adeguatamente una buona idea richiede in realtà una grande preparazione e non esiste che vi mettiate lì andando avanti a casaccio. O meglio: potete andare avanti come volete senza sapere che cosa state ottenendo, e magari il caso farà sì che vi ritroviate con un libro interessante da cui alla fine verrà tratto anche un film. Non è certo impossibile, anzi!

Ma resterete sempre il classico scrittore del caso ^^.

Simone

L'amore e la poesia.

Me lo ricordo come fosse 30 anni fa (come in effetti era): un po' nebuloso, vago e lontano, però me lo ricordo. Avrò avuto massimo quattro o cinque anni (un po' meno di 30 anni fa allora!) e come del resto capita a tutti i ragazzini ho iniziato a pormi le classiche domande sul mondo e sulla vita.

Ovviamente, l'istante immediatamente successivo a quello in cui un determinato interrogativo si formava nella mia testa, io ero già lì pronto a rigirarlo a mia madre. E la domanda che mi ricordo ancora oggi era questa: maaammaaaaaa! (la voce era quella lagnosa di un ragazzino rompipalle) Come naaaaasconooo i bbbbbambiiiiniiiii?

E vabbe', un classico, no? Tutti i genitori si trovano a dover rispondere a questo dilemma, il che più delle volte vuol dire che è già arrivata qualcosa dalla televisione o dai racconti leggendari di qualche amichetto (miiiiii, ho visto una cassetta di mio fratello!) e che il pargolo in questione sta solo cercando delle conferme.

Insomma sì, probabilmente qualcuno mi aveva già indirizzato sulla strada giusta non tanto sulla nascita dei bambini in sé (cosa di interesse secondario), ma su come facesse in maniera pratica il nascituro a entrare nella pancia della donna. A questo punto, io cercavo una persona fidata che mi desse qualche ragguaglio in più su una cosa che mi pareva (e mi pare tuttora) a dir poco bizzarra.

Insomma la domanda era questa: mammina cara, come nascono i bambini?
E mia madre mi rispose più o meno così:

Quando la mamma e il papà sono innamorati, allora si sposano. Poi la sera ballano insieme e dopo nove mesi nascono i bambini.

Ballano insieme?! Ecco, a parte il chiaro accento sul fatto che il tutto debba avvenire rigorosamente dopo il matrimonio, v'immaginate la delusione? Niente a che vedere con le voci che giravano all'asilo, e nulla di nulla di quello che accadeva nelle leggendarie cassette del fratello del compagno di banco. Per far nascere un bambino bisognava semplicemente innamorarsi di qualcuno, e dopo aver ufficializzato la cosa con tutti i sacri crismi del caso mamma e papà... ballavano. Tutto lì, che fregatura!

Ecco. Se invece andassimo a cercare una storia simile nella narrativa moderna (vi prego, se cercate su Internet lo fate a vostro rischio e pericolo) non troveremmo mai una rappresentazione del genere. A uno scrittore contemporaneo si chiede di descrivere la realtà in maniera plausibile e realistica, ed è impossibile che qualcuno sia così sprovveduto da inventarsi una storia tanto assurda quanto sconsclusionata.

No. Un racconto che aspiri al successo di pubblico dovrà descrivere con minuzia di particolari tutto quello che accade prima, dopo e soprattutto durante quest'operazione tanto affascinante quanto misteriosa. Mamma, Papà, amore e ballare sono sostituiti da termini più espliciti e chiarificatori, e guai a non essere sintetici o a dire qualcosa di non sufficientemente inciviso.

Sarò io che sbaglio, e che come dicono i miei amici anonimi di scrittura e di libri non c'ho mai capito niente. Però la risposta che a suo tempo mi diede mia madre mi sembra più bella e più profonda. Mette in luce le emozioni e gli aspetti romantici, lasciando da parte tutto il superfluo: due persone si amano e fanno qualcosa insieme. È proprio così che nascono i bambini.

L'amore e la poesia fanno girare il mondo, proprio come in una frase smielata di un autore emergente. Ma anche se chi lo desidera potrebbe voler inserire qualche dettaglio in più, non è detto che questo aggiunga realmente qualcosa.

L'amore e la poesia, insomma. E tutto il resto, forse, è di troppo.

Simone

Come trovare un lettore veramente esperto (e perché NON dargli il vostro manoscritto).

L'altra volta avevo presentato la forse discutibile ipotesi di come sia possibile trovare degli amici fidati a cui affidare il giudizio sui nostri lavori letterari, ma di come forse sia meglio non dare retta a nessuno e fare tutto da soli.

Oggi vi dirò invece che esiste in realtà un sistema migliore per trovare una valutazione editoriale, e che consiste semplicemente nel dare il vostro manoscritto non tanto a qualcuno che conoscete e che giudicate affidabile, ma a una persona che in editoria ci lavora e che (si spera... e sottolineo in neretto si spera) ha le idee chiare su come si corregge un libro.

Vediamo allora chi sono questi lettori professionissimi e bravissimi, cercando inoltre di capire perché forse è il caso di scordarci fin da subito della loro esistenza e di proseguire con la solita auto-correzione della roba che abbiamo scritto.

Gli esperti a cui (non) affidare un giudizio sul nostro lavoro.

Un editor-e: sarebbe quello che pubblica i libri. Nella fattispecie, l'individuo che mette i soldi affinché altri producano e smercino a nome suo dei libri che trattino delle più disparate materie e argomenti.

Sarebbe bello farsi leggere e correggere da un editore, no? NO.

- In Italia ci sono migliaia di editori. E non ci prendiamo per il culo, non sono tutti grandi editori. E nemmeno quasi tutti. E nemmeno un po' meno di quasi tutti. E nemmeno... iterate ad libitum.

- In base alla succitata definizione, se le cose vanno come devono andare l'editore delega la fase di selezione e valutazione a qualcun altro, per cui non è lui quello bravo a leggere i libri ma è e rimane quello bravo a cacciare i soldi. Che poi io comunque non ci sputerei sopra.

- Un editore bravo che legge tutto il vostro manoscritto e ve lo commenta vuol dire una cosa sola: l'editore è vostro zio o vostro padre, e secondo me in un modo o nell'altro il libro ve lo pubblicheranno pure. Ma forse ancora una volta non avrete ottenuto una valutazione obiettiva ^^.

Editor (senza E): di editor ne ho conosciuti un po', e di solito se li contattate di persona per un manoscritto che potrebbe interessargli accetteranno di leggerlo e di farvi sapere se è pubblicabile o meno. Se dopo tutta questa trafila (e come è probabile) un editor non avrà intenzione di proporre il vostro libro a qualche editore, allora non aspettatevi mai e poi mai che vi dica in dettaglio come e cosa dovete aggiustare nel vostro manoscritto. Se gli editor si mettessero a correggere tutti i romanzi che non pubblicano... non gli basterebbe mezza giornata. O forse addirittura anche di più.

Se poi devo proprio dirla tutta, quando arriverà il giorno in cui per davvero un editor leggerà e correggerà il vostro libro voi lo odierete a morte e detesterete il risultato finale. Almeno così mi è stato detto da chi ha fatto l'esperienza ^^.

Qualcuno esperto: questa è una cosa che mi continuano a ripetere nei commenti all'altro post: trova qualcuno esperto. E ok, io lo troverei pure. Ma cosa identifica l'esperto in mezzo a tanti altri che esperti non sono? Cioè, io ho un blog con un corso di scrittura, ebook, foto, link, recensioni, segnalazioni... cappero l'esperto di scrittura POTREI ADDIRITTURA ESSERE IO!

E già io che non sono un cavolfiore di nessuno ho rifiutato più volte le (gentilissime, per carità!) richieste di "leggere e valutare" i libri di altri emergenti perché, semplicemente, raramente mi capita di imbattermi in qualcuno che segue il mio genere, e leggere e correggere i manoscritti degli altri richiede un lavoro che al momento non mi sento di fare.

Figuratevi quanto vi ca-fileranno gli scrittori veri.

Agenzia letteraria/valutatore a pagamento: se vi sta bene l'idea di pagare qualcuno che legga e valuti il vostro brutto libro potete mandarmi un bonifico e prendere per buona l'espressione appena usata (brutto libro). Altrimenti, auguri: tra decine e decine e decine e qualche unità e rotti di offerte che trovate in rete, io forse forse forse e ci terrei a evidenziare il FORSE mi fiderei di uno soltanto (non vi dico chi è, tirate a indovinare!).

So infatti di gente che ha speso un modesto quantitativo di denaro (non è che chiedano queste cifre, in fin dei conti! ^^) per avere in cambio una paginetta di critica ancora più squallida del commento dell'amico che dice: sì, beh... ho letto l'inizio ed era carino, ma poi mi hanno aperto la macchina e me l'hanno rubato (e vi giuro che questa cosa me l'hanno detta davvero).

Imparate a giudicarvi da soli: volete davvero fare gli scrittori, giusto? E allora vi dico una cosa, una specie di segreto che saprete soltanto voi (vabbe' ^^): se non fossi convinto di saper giudicare me stesso al di là di qualsiasi cosa possano dirmi gli altri, dopo i giudizi disastrosi che ho ricevuto coi miei primi lavori avrei sicuramente smesso di scrivere.

Forse devo riformulare la cosa. Il giudizio unanime del mondo letterario nei miei confronti (e scommetto spesso anche nei vostri), nel momento in cui mi sono affacciato all'editoria, è stato: fai schifo, non vali nulla, nessuno ti pubblicherà mai, tu non sarai mai uno scrittore. Io però ho visto del buono nei miei primi lavori, ho pensato che questo giudizio fosse sbagliato e ho deciso di continuare.

E come credo appaia ovvio, eccomi ancora qui che scrivo.

Simone

Lo scrittore impantanato (il mezzo blocco dello scrittore).

Del blocco dello scrittore abbiamo già parlato, ed è una qualcosa che - aspiranti scrittori o meno - conoscerete più o meno tutti: volete o peggio dovete scrivere qualcosa (arriverà il giorno in cui avrete firmato un contratto per sette esalogie da scrivere in due anni, no?) ma non ci riuscite.

E ok, come dicevo questo già lo sapevamo, è già stato discusso e forse se ne parlerà ancora ma per ora invece no.

Il mezzo blocco dello scrittore, o l'impantanamento del titolo, è invece quando questa situazione di impossibilità alla scrittura è meno forte e più legata a un momento particolare. Non vi siete cioè bloccati in maniera drammatica dopo esservi resi conto che quello che stavate scrivendo è una boiata pazzesca e non vale la pena di continuare (e magari state già a pagina 200): il vostro lavoro è destinato a riprendere e a proseguire, e magari anche addirittura a vedere una fine. Soltanto che in questo momento non riuscite a rimetterci le mani.

Ma facciamo una distinzione più netta, se no poi i commentatori anonimi chi li sente:

Blocco dello scrittore: non vi va di scrivere. Siete arrivati a un punto del lavoro dove non avete neanche una buona idea per andare avanti. La storia che state scrivendo non vi dice più nulla. Non sapete più dove state andando a parare col vostro romanzo. Vi sembra che alla storia manchi qualcosa, e a questo punto del lavoro è impossibile metterci le mani senza buttare via tutto.

Impantanamento: non ve la sentite più di tanto di scrivere. Avete un'idea ma non siete sicuri se sia buona o meno. Avete dei dubbi su quello che avete già scritto. Siete paralizzati di fronte a due o più possibili scelte narrative che sembrano tutte buone. Vi sembra che alla storia manchi qualcosa che però potreste ancora inserire.

Viene da sé che l'impantanamento è meno grave del blocco, anche se bisogna tenere conto di due cose importanti:

- Non sapete se siete bloccati o solo impantanati (visto che comunque non riuscite a scrivere e nessuno può dirvi se la cosa si risolverà o meno).

- Se le cause dell'impantanamento non vengono rimosse al più presto si rischia di arrivare a un vero e proprio blocco, ben più difficile da risolvere. Principalmente, se smettete di scrivere per un giorno o due ma poi riprendete allora poco male. Se smettete per un mese o due invece sarà dura ricominciare un lavoro a metà.

Ok, per ora mi fermo qui con un post appena un po' più corto del solito (la verità è che sono impantanato col blog e una volta che ho un'idea preferisco spalmarla su più aggiornamenti ^^). Più avanti proverò ad analizzare in dettaglio (ma non aspettatevi chissà che!) i motivi che portano al mezzo blocco dello scrittore, e magari anche a inventarmi anche qualcosa per darvi una mano a risolverli.

Voi intanto ditemi pure la vostra... sempre che non vi si siano a vostra volta (esppressione giusta e corretta, ok?) impantanati i commenti.

Simone

Non date troppa importanza al vostro lavoro (in senso imperativo).

Un'idea che mi frulla per la testa ultimamente è questa: sto scrivendo il mio nuovo romanzo, e spesso mi fermo per pensare e riflettere su come inserire determinati argomenti nella storia, o su cosa descrivere in determinati passaggi che non ho ancora ben delineato.

Pur avendo sostanzialmente le idee chiare sulla trama e su dove voglio andare a parare (se così non fosse non avrei neanche iniziato a scrivere), mi blocco spesso anche per giorni per paura che una determinata idea funzioni male e che alla fine il romanzo finito non piaccia.

Insomma mi capita di procedere a singhiozzo, fermandomi per lungo tempo di fronte a una situazione che rischia di mandare a put-scatafascio tutto quanto. Mi pare un impedimento serio, perché come autore vorrei scrivere almeno tre romanzi l'anno (eh, piccoli però ^^) da spammare in giro per editori nella speranza che una volta o l'altra mi dica cuore e me ne pubblichino almeno uno. Vi ho mai parlato di come sono convinto che dopo il primo libro mi pubblicheranno tutto e diventerò famoso? No? Meglio.

Vabbe', come dicevo mi sono messo a riflettere su questa cosa, e alla fine ho inquadrato il problema e la sua soluzione: sono troppo ansioso di scrivere chissà quale capolavoro assoluto, e non mi accontento della storia che ho in mente.

Insomma se volete scrivere, forse è il caso che seguiate l'indicazione del titolo (e che segue):

Non date troppa importanza al vostro lavoro (inteso come imperativo).

E ora seguono i classici commenti a favore della mia idea (ovviamente ci vuole poco, visto che li scrivo sempre io):

Non tutti i libri che avete letto sono perfetti: o meglio, è veramente raro che un romanzo vi piaccia al 100% dall'inizio alla fine. Credete che l'autore sia caduto in una profonda depressione per questo, arrivando magari a togliersi la vita? Ok, sì, qualcuno l'ha anche fatto, ma molti altri si godono i proventi delle vendite e pensano che in fondo meglio di così non si poteva fare.

Potete scrivere altri libri: se vi impiccate per mettere giù un romanzo, vi ritroverete ad aver scritto solo quello e magari sarà anche brutto. Se al contrario sorvolate un po' su coerenza (eh, sì, l'ho scritto ^^) trama, stile, personaggi e intrecci narrativi, forse sarete più fluidi... e farete di meglio col romanzo che scriverete dopo.

Nessuno è buon giudice di sé stesso: magari l'idea che non vi convince al 100% piacerà invece ai lettori, mentre se state lì a impazzire per cambiarla ve ne uscirete fuori con una mezza schifezza.

Non si può piacere a tutti: quello che non piacerà a un lettore potrebbe piacere a un altro... e purtroppo viceversa. Da quello che sento, piacere a metà delle persone che incappano nel nostro romanzo (moltissimi neanche lo leggeranno!) è già un traguardo quasi irraggiungibile.

I fallimenti sono necessari: in fotografia, una buona foto ogni rullino è un risultato eccezionale (per il digitale ancora meno, visto che non pagando gli scatti fate meno attenzione) e se fate 10 buone foto all'anno siete un grande fotografo. Ma avete ragione: la scrittura è diversa dalla fotografia: non potete scrivere a casaccio sperando di beccare qualcosa a bucio di cuore ^^.

Meglio lo stile del contenuto: magari non dovrei scriverlo dopo tanti discorsi in cui dicevo l'esatto contrario... però è una verità. Se scrivete davvero molto bene, eventuali zoppicazioni in dentro la struttura de il romanzo non saranno poi moltissimo notevoli (io scrivo molto davvero bene, per il esempio).

I lettori sono dei bastardi: se anche vi impegnate fino allo stremo e ci mettete tutto quello che avete, troveranno comunque dei difetti. Problemi inerenti la trama, errori grammaticali, anche semplici refusi. State tranquilli che anche il romanzo più perfetto della Terra riceve le sue belle critiche.

A questo punto, è meglio non impegnarsi troppo: così di fronte a una critica potremo sempre dire che sì, avevamo notato un certo problema... ma che abbiamo deciso coscientemente di non correggerlo. La cosa era voluta, insomma.

E una cosa voluta non è un errore.

Simone