Gli errori più frequenti nella stesura di un romanzo.
C'è voluto un po', ma finalmente mi sono deciso a scrivere la settima (e prevedo ultima) puntata del corso per scrivere un romanzo che poi nessuno vorrà pubblicare.
Se vi ricordate, l'ultima volta avevamo parlato del come si corregge un libro appena scritto, mentre oggi parleremo del cosa bisogna correggere. Intendo cioè parlare degli errori più frequenti che possono trovarsi nel manoscritto di un emergente, che ovviamente fanno incavolare a morte gli editori e soprattutto rendono un romanzo magari bello una schifezza terribile.
- Ortografia e grammatica: lo so che sembra assurdo, ma tanti aspiranti scrittori non sanno scrivere l'itagliano. Sè poi cuando uno vì legge trova un'sacco di erori, cosa penzate che penzi di voi? È vero che gli errori possono sempre scappare, ma è anche vero che chi legge un libro che ha pagato o che peggio ancora deve decidere se pubblicare o meno non è tanto propenso a perdonare un romanzo che inizia con un'apostrofo al posto sbajiato già nel primo paragrafo.
- Personaggi che cambiano nome: a me capita sempre. Scelgo il nome di un personaggio, poi a metà libro decido di cambiarlo ma alla fine faccio un casino e mi ritrovo con un personaggio che cambia nome un capitolo sì e l'altro pure. La cosa migliore è usare il trova/sostituisci di word o openoffice, ma tanto se ogni volta cambiate di nuovo i nomi di sicuro ve ne scappa qualcuno.
- Verosimiglianza: la storia ha senso o succedono cose che sono impossibili o troppo poco probabili? Magari in un giallo non si capisce perché l'assassino ha fatto una determinata cosa o viceversa perché non l'ha fatta. Non disperate se vi accorgete che la trama non torna proprio alla fine: cercate di aggiungere dei brevi passaggi o delle descrizioni che giustifichino l'accaduto. Certo, era meglio se ci pensavate prima, però.
- L'effetto bat-cintura: a un certo punto succede qualcosa di inaspettato o totalmente improbabile che aiuta il protagonista. Proprio come nei telefilm di Batman, ricordate: il Joker infila Batman e Robin nel super cono gelato gigante. Un secondo prima di morire congelato, Batman estrae dalla cintura il bat-decongelatore spray con cui scioglie il gelato e li libera. Anche qui è sempre possibile rendere la cosa più verosimile, ma potevate pensarci in anticipo.
- Ripetizioni, non abbastanza ripetizioni: se nella storia ci sono dei misteri da risolvere o dei colpi di scena, è bene che il lettore sia in grado di apprezzarli. Questo per dire che dovete preoccuparvi che chi legge capisca quello che deve capire al momento giusto, senza però perdervi in inutili ripetizioni che annoiano il lettore. Una cosa del genere c'era nella prima stesura di Mozart di Atlantide (un po' c'è ancora, dai ^^): per paura che la trama fosse troppo complicata, ripetevo in continuazione tutto quello che era accaduto col risultato che i lettori si annoiavano a morte.
- Cose di cui non frega niente a nessuno: se state parlando di una serie di omicidi commessi dagli zombi ai danni di una cittadina di provincia americana (yawn...), che c'entrano due pagine di descrizione del lavoro del vicino di casa del protagonista (che poi magari non si vede nemmeno più)? No, seriamente, questo è uno dei punti principali che dividono gli emergenti scarsi dagli scrittori bravi, e per due motivi: gli scrittori alle prime armi scrivono di getto tutto quello che gli viene in mente, e poi se si tratta di cancellare qualcosa si fanno prendere dalle convulsioni. Come se non bastasse, se siete degli sconosciuti non appena inserite dei particolari anche belli ma che non sono perfettamente legati alla trama chi vi legge butterà il libro dalla finestra pensando che come scrittori fate pietà. Quando sarete degli autori famosi potrete invece saltare di palo in frasca ogni 10 pagine, e la gente penserà che siete dei geni visionari.
- Suddivisione in capitoli: anche qui io zoppico un po'. Perché finisce il Capitolo 1 e inizia il Capitolo 2? C'è un motivo preciso, un passaggio nella storia, o è solo che vi eravate rotti di una determinata scena e allora siete saltati a parlare di altro? Magari non serve che usiate i capitoli ma bastano i paragrafi numerati, o addirittura il testo non ha bisogno di essere spezzato. Cercate di essere voi stessi e pensare al vostro libro: non è che se tutti i best seller sono divisi in capitoli dovete farlo per forza anche voi. Anzi... a pensarci bene, forse invece sì ^^
- Più volte la stessa situazione: non è sempre sbagliato che un dato evento si ripeta, ma deve esserci un motivo. Ad esempio, se un poliziotto arresta un criminale dopo un inseguimento nei vicoli al capitolo 2, magari al capitolo 6 metteteci una sparatoria o una rissa, non un altro inseguimento. Nel libro dei gatti ad esempio nel corso dei primi capitoli il protagonista veniva assalito da un cane (eh, che ideona il cane e il gatto ^^). Verso la fine mi serviva un altro evento drammatico, e lì per lì ho pensato a un cane... quando si dice la fantasia, eh? ^^ Fortunatamente, poi ho pensato ad altro.
- Ma che io sto nella capoccia tua?: i lettori non sanno quello che pensate, ma solo quello che scrivete. Sforzatevi di rileggere il libro con i loro occhi, e non con i vostri. Quel colpo di scena è veramente chiaro, o è chiaro a voi che sapete cosa succede dopo? Nella sindrome di Reinegarth, ad esempio, avevo scritto in terza persona una pagina del diario del protagonista (che invece normalmente parlava in prima persona). A me pareva una buona idea per far capire che stava dando di matto, ma alla fine non si capiva se chi parlava era lui, il diario scritto da lui oppure se ero io a raccontare (lo scrittore). Insomma non si capiva una mazza, ma fortunatamente un amico se ne è accorto dicendomi appunto: ma che io sto nella capoccia tua?, così l'ho sistemato.
Be', direi che mi pare possa bastare, e che per ora con il corso di scrittura abbiamo chiuso. Non ho la pretesa di aver insegnato a nessuno come si fa lo scrittore (anche perché non lo so nemmeno io ^^), ma spero solo che queste poche pagine vi diano un po' l'idea del lavoro che c'è davvero dietro alla stesura un libro. Se poi non vi ho spaventato abbastanza e vorrete davvero mettervi alla prova e scrivere un romanzo tutto vostro, non posso che augurarvi un in bocca al lupo e soprattutto che non tutti i vostri manoscritti finiscano nella spazzatura ma che anzi vadano il prima possibile a riempire gli scaffali delle librerie. E tra 10 o 20 anni, quando sarete direttori editoriali di una grossa casa editrice e vi troverete davanti al mio manoscritto (magari la dodicesima revisione di Mozart di Atlantide che ancora manderò in giro) prima di buttarlo al secchio dategli almeno una sfogliata ^^
Simone
16 commenti:
Sono d'accordo con te :) Ma ho paura che, per farli contenti, ho stampato e rilegato il romanzo sul lavoro... eh..eh.. (ma non dirlo al mio capo!) :)
Bello, il deus ex machina ora diventa l'effetto bat-cintura! XD Bellissimo, ti dispiace se uso la frase - coi dovuti riferimenti - se mi capita l'occasione??
Tempo addietro feci leggere un racconto breve a qualcuno, per la prima volta; ero fiero e sicuro che sarebbe stato valutato come un capolavoro. Il giudizio invece è stato non solo deludente, ma anche distruttivo! Ho reagito come tutti gli "scrittori emergenti" - giustificando questo e quello e facendo la parte dell'incompreso. Gli errori non stavano tanto nella verosomiglianza (io preferisco chiamarla coerenza) o nella trama in generale - perché se il racconto è scritto tutto bene, il lettore medio-basso s'esalta e se ne frega della trama -, no. Gli errori stavano nella grammatica, errori di consecutio e di uso dei verbi. Errori incredibilmente gravi, imperdonabili.
Da allora cominciai a studiare grammatica a palate, tanto da diventare un rompiballe che ti corregge sempre. Dopo vedi tutto in modo diverso - tipo Neo alla fine del primo Matrix-, vedi che gli errori stanno in tv, su internet, sui libri!, intorno a te, nella stanza in cui ci troviamo, quando ti affacci alla finestra... Credi sia aria quella che respiri? No, sono errori. (modalità simpatico: off XD)
Morale della favola: un bravo scrittore non è il genio incompreso, ma quello che sbaglia e impara e s'impegna - io sono bravo, dunque? ^^
P.S. Temo di aver sclerato un po' nel commento, sarà colpa del caffé, boh, comunque mi pare che il senso di tutto questo fosse: gli errori più frequenti nella stesura di un romanzo, se commessi, sono benefici perché fanno le ossa allo scrittore. Ecco una morale al mio commento. Perdona la lunghezza. Bravo, bel post, come sempre. :)
Glutchov: (si parlava delle spese per rilegare i manoscritti) ecco, quella è una buona soluzione ^^
Fede: la frase è tutta tua! Per il resto, io credo che la forma e anche la grammatica siano importanti, ma che non dovrebbero "scavalcare" il contenuto.
Cioè, se leggo la notte di Wiesel non me ne frega niente se l'autore sbaglia un apostrofo (anche se Wiesel non lo sbaglierebbe, eh ^^), e al limite l'editore dovrebbe capire il valore del testo e correggere lui eventuali imperfezioni.
Purtroppo in mezzo a tanti aspiranti scrittori e a tanto marasma bisogna cercare di mettersi in mostra, per cui nel momento in cui cerchiamo uno sbocco di qualche tipo per il nostro lavoro è ovvio che dobbiamo essere perfetti sotto tutti i fronti. Da qualche parte però sono sicuro che c'è un settantenne con la terza elementare che ha scritto un libro che ti spiega il senso della vita, solo che sbaglia i congiuntivi e nessuno lo leggerà mai.
L'ultima frase verrà riciclata in un futuro post ^^
Simone
Bellissimo questo post conclusivo del "corso di scrittura". Un'analisi dettagliata, incontestabile, e, come sempre, umoristica. L'effetto bat-cintura è davvero esilarante.
Comunque penso che i primi errori che non debbano essere commessi siano proprio quelli di grammatica od ortografia. Arrivare alla conclusione di un libro e percepire imperfezioni a livello di trama è una cosa, ma incontrare errori grammaticali durante la lettura è davvero poco edificante. Voglio dire, se il commento finale fosse che un determinato autore non ha saputo trasmettere egregiamente le sue idee ai lettori, passi, però se il giudizio conclusivo riguardasse il suo grado di alfabetizzazione, allora gli converrebbe proprio lasciar perdere (o almeno colmare le sue lacune).
Presumo che questa sia la base di partenza anche per un emergente, poi gli altri errori sono perdonabili purché se ne tragga una lezione.
Poi la scusa della licenza poetica per giustificare gli errori dei grandi scrittori è proprio una trovata banale. Anche loro non dovrebbero esimersi dal seguire le regole della grammatica. Questo per dire che mi discosto dall'idea di Simone: se un grande autore sbaglia un apostrofo, a me girano le palle lo stesso. ^^
Per finire: quando il personaggio della "Sindrome" scrive il diario in terza persona all'inizio è fuorviante, però poi si capisce che è dovuto alla vena di insania che lo tormenta. Non so se nell'edizione che ho letto io (quella del 2007) avevi già apportato le modifiche, però io non l'ho trovato così incomprensibile. Sarà che starò nella capoccia tua? ^^
Ciao, dacty
Alcuni dei miei lettori, con tono saccente, sottolineano l’eccesso di teste tagliate e di sangue in ciò che scrivo. Ma non si rendono conto che non posso fare a meno di essere così.
Ho iniziato che avevo otto anni: scrivevo “sceneggiature” per le messe in scena dei giochi con i soldatini. A quel tempo, inizi anni 50, non c’era ancora la televisione e d’inverno, perché soffrivo di tonsillite, non potevo quasi mai uscire per giocare all’aperto ed allora il tavolone di marmo della cucina diventava l’universo dei soldatini e delle pastore del presepe (le usavo per i personaggi femminili). Per giocare con mia sorella, mio fratello e gli altri saltuari compagni di giochi servivano storie ed io le inventavo.
Ma non solo le storie dei soldatini. Mi divertivo a inventare finali alternativi alle favole tradizionali: così il lupo divorava Cappuccetto Rosso o Biancaneve non si risvegliava al bacio del Principe Azzurro.
Quando le raccontavo e c’erano le bambine che piangevano e mi divertivo. Dio come mi divertivo. Anche con le storie dei soldatini mi divertivo, facevo vincere sempre i cattivi e cadevano le teste di parecchi soldatini ma tanto dopo con la ceralacca si incollavano e così avevo un esercito con i collarini ortopedici rossicci. .
Ma per scrivere ed inventare occorre leggere ed io leggevo, quanto leggevo.
A casa mia c'era tanto da leggere.
Nello scaffale più alto della libreria (un mobile scuro con gli scaffali chiusi da vetri zigrinati) c'erano libri che mi era proibito leggere. Qualche volta, in assenza di mia madre, accostavo una poltrona davnti al mobile , mi arrampicavo sui braccioli e leggevo i titoli : ricordo c'era D'annunzio, Gide, Guido da Verona e poi dei libri dal dorso grigio, anni dopo ho scoperto che erano dei manuali di infermieristica, (duranta la guerra mia madre aveva fatto l'infermiera e di questo periodo parlava sempre malvolentieri).
C'erano poi i miei libri: tutta la collana per l'infanzia da Tom Saywer al Principe e il Povero , da Incompreso a Bertoldo Bertoldino e Cacasenno, i Salgari, Verne e quelli di mia sorella gli Alcott. E fumetti tanti anzi direi tutti. Ed ancora enciclopedie assortite, i libri da ferroviere di papà, raccolte di mani di Fata, libri di cucina. Tutti questa "carta" è andata per la maggio parte dispersa, quando mia madre, dopo la morte di papà decise di non voler restare più nella casa vecchia ed iniziò il ventennale pellegrinaggio 1980/2001 tra le case di noi tre figli, varie case di riposo, mini appartamenti fittati e sfittati.
Poi più avanti negli anni: i libri della Medusa, l'universale Feltrinelli, I Gialli Mondadori, Gli Urania e tanti tanti tanti altri ancora. Casa mia è zeppa di libri che molte volte stento a ritrovare quando vorrei rileggere.
E' bello rileggere.
Ah e lo scrivere ?
Beh dopo aver tanto letto che problema c'è a scrivere !
Dacty: grazie dell'intervento. Credo che tu abbia letto la versione con l'errore (che poi non è un errore ma poca chiarezza). Si vede che stai nella capoccia mia ^^
Raffaele: che bell'intervento. Anche meglio del mio post, credo. Io invece credo che ci siano più libri interessanti che tempo a disposizione, per cui non rileggo mai niente. Magari lo farò in futuro ?
Simone
beh taotor, se sei diventato tanto un maniaco con la grammatica...appena avrò tempo di finire di scrivere, dopo aver fatto le mie due tre revisioni, posso mandare a te il tutto? lol
Sì Shadow, e a me chi revisiona? XD
Ottimi consigli, dal primo all'ultimo. Soprattutto quello che riguarda la coerenza di nomi, situazioni, avvenimenti... Quando la storia che si narra è particolarmente lunga (come nel mio caso), capita spesso di confondersi in errori e madornali paradossi! Fortunatamente ho una buona memoria, e spesso riesco ad arginare il problema! Complimenti anche al resto del blog, molto interessante e ben scritto. Tornerò sicuramente a leggerti. Comunque, se vuoi leggere anche tu qualcosa di mio, passa a trovarmi su splinder (www.oltreilboscoditoradir.splinder.com).
Ciao ed in bocca al lupo per le tue storie!
Stefano
Bello questo post.
Però non sono d'accordo su di una cosa.
E' vero che un lettore non deve essere nella testa dello scrittore.
Io, tuttavia, personalmente non amo l'eccessiva "chiarezza" nelle descrizioni.
Io credo che molte cose non siano da descrivere per forza, ci sono delle associazioni mentali che sono ovvie, basta dare a chi legge gli input giusti e le conclusioni dovrebbero essere sempre simili tra di loro.
Se non le sono, comunque saranno verosimili all'interno della storia.
E' per questo che amo i racconti o i romanzi che cominciano in medias res.
Lascia più spazio alla fantasia, non "appesantisce" la pagina e non rende meno seguibile la storia.
Ovviamente, sempre che lo scrittore sappia essere come un buon genitore: ti deve guidare, indicare la strada, ma non deve essere sempre presente, invadente, petulante.
Non so se mi sono riuscito a spiegare...
Una domanda.
Una organizzazione preventiva della storia non dovrebbe salvare dall'incoerenza degli avvenimenti?
Di solito non "schematizzi" gli eventi prima di buttarli giù?
Stefano: verrò a trovarti!
Ted74: hai ragione, l'idea è che questi "input" di cui parli siano effettivamente visibili. In realtà non sarebbe neanche necessario che si capisca tutto al 100%, anche se di solito un autore già conosciuto può permettersi di essere un po' nebuloso mentre per gli emergenti come complichi un po' le cose rischi che ti dicano che non sai scrivere in maniera chiara.
Poi uno schema iniziale può aiutare. Il fatto è che non tutti li usano (io traccio delle linee molto larghe), e ovviamente è sempre possibile aver sbagliato fin dall'inizio ^^
Simone
Ho in mano un romanzo scritto da una persona per me cara che io ritengo molto bello e scritto bene. E' piaciuto a tutte le persone che l'hanno letto. Mi è stato affidato ed io sarei, diciamo, l'agente ma in questo campo non sono mai entrata ed i tentativi che ho fatto per almeno farlo leggere da chi veramente se ne intende non hanno dato risultato. Mi potresti aiutare?
Sono gf. non essendo molto esperta ho fatto il commento con i dati della mia email. Grazie ed aspetto la tua risposta.
Chidite: potrei dirti che se sapessi come e cosa fare sarei già uno scrittore ben noto io stesso... comunque sia, io col mio ultimo romanzo ho fatto così:
- Cerco editore che pubblichino libri simili a quello che ho da proporre.
- Tra gli editori trovati scelgo quelli che mi piacciono di più (generalmente quelli che non chiedono soldi e che magari trovo nelle librerie vicino casa)
- Telefono agli editori e chiedo come fare per inviargli un manoscritto.
- Invio il manoscritto a tutti gli editori secondo le modalità richieste.
- Al manoscritto allego una presentazione con: dati personali, biografia, descrizione del libro (di cosa parla, perché è interessante), e TUTTA LA TRAMA. Cerco di far entrare tutto in un foglio A4 perché così magari lo leggono.
- Fatto questo, non resta che aspettare. Per altre domande fammi sapere!
Ciao e in bocca al lupo!
Simone
Complimenti! Ho letto tutti (o quasi) i consigli per scrivere qualcosa di decente e, tra risate pensando alla bat-cintura e sgomento (esagero) per gli errori che ho fatto, credo di aver imparato qualcosa che mi farà andare avanti con più cognizione di causa.
Posta un commento