Il corso di scrittura avanzato: perché non vanno messi 120 mila aggettivi per pagina (o perché vi dicono di non farlo).

Inauguriamo finalmente la sezione che dovrebbe fare da scheletro all'eventuale secondo libro del blog (che sarà famoso per essere il primo seguito di un libro mai pubblicato ^^): il corso di scrittura avanzato che vi fa diventare ancora più bravi (ma non necessariamente a scrivere).

E perché questo corso tanto avanzato dovresti farlo proprio tu? Mi chiederà di per certo qualcuno dei soliti simpaticoni. Be', prima di tutto perché se anche non ci crede nessuno io qualcosa su come si scrive temo di averla capita per davvero. In secondo luogo perché tanto anche sui manuali di scrittura degli scrittori bravi (sarebbero quelli che li pubblicano pure... ma non sono più tanto sicuro che esistano davvero) ci stanno scritte solo fregnacce, e poi soprattutto perché l'idea l'ho avuta io e se c'era qualcuno più adatto di me allora poteva pensarci prima.

E poi vabbe', inutile arrampicarsi sugli specchi: faccio un corso avanzato perché se no nel secondo libro che cazzo ci scrivo? E incominciamo con la prima puntata.

Il corso di scrittura avanzato: perché non vanno messi 120 mila aggettivi per pagina (o perché vi dicono di non farlo).

Ma questa è roba vecchia! Su tutti i libri di addomesticamento editoriale (tanto per non ripetere sempre corsi di scrittura) c'è scritto che meno aggettivi mettete e meglio è, e soprattutto guai a scrivere qualsiasi cosa che finisca in ente (credo si riferiscano agli avverbi e a un altro modo per formulare la frase lei non dice la verità) pena l'arsura nel microonde con tanto di funzione crispy attivata.

Ok, è vero. A partire da Stephen King fino al redattore più inutile della redazione più scarsa (che poi non necessariamente scrive peggio di King, anche se è probabile) vi diranno tutti la stessa cosa, imponendovi di eliminare gli aggettivi e zitti senza possibilità di appello. Il bello è che sto per dirvelo anch'io, solo che a differenza dei milioni di miliardi di altre voci simili alla mia sarò anche il primo che proverà a spiegarvi i vari perché. E se dopo non sarete ancora daccordo allora stupitemi pure con tutti gli aggettivi che vi pare, non batterò ciglio.

Un testo più corto è meglio di uno più lungo: qui sembra una cosa ridicola, ma non lo è. La gente si stanca nel leggere frasi lunghe e complesse, c'è poco da fare. Capisco che non è colpa vostra se l'essere umano è tanto fragile, però è la realtà dei fatti ed è una cosa con cui dovete fare i conti. Se eliminate gli aggettivi inutili e riuscite a dire la stessa cosa con meno parole vi ritroverete con un libro più gradevole.

Non tutti gli aggettivi servono a qualcosa: cosa pensereste se vi dicessi che il caldo calore della fiamma di fuoco fu spento dall'effetto bagnante dell'acqua che era umida? Immagino che vi direste che qui le cose sono due: o lo stavo facendo di proposito per dare alla frase un senso particolare (io in questo caso stavo ricercando lo schifo) oppure che è inutile arrampicarsi sugli specchi: suona male perché è zeppo di aggettivi di cui non c'era bisogno e per di più proposti in un cattivo italiano. Adesso lo ri-chiarisco: non vi aspettate che qualcuno legga quella frase pensando che è tutto a posto perché non lo è, e il problema sono gli aggettivi.

Voi dovreste essere quelli che scrivono bene: ok, il libro è il vostro e in fin dei conti se ne avete voglia potete metterci dentro tutti gli aggettivi che vi pare. Avete il mio permesso. Però l'idea alla base del vostro stesso essere scrittori è che il vostro italiano sia di alto livello... o per lo meno di livello medio. Almeno almeno sufficiente, dai. Quello che voglio dire è che se decidete di aggiungere una riga, una frase o anche una singola parola dovete farlo dimostrando di esserne all'altezza. Vi faccio un esempio che - ci crediate o no - corrisponde più o meno a quello che capita di leggere in giro per Internet:

Il valoroso guerriero si arrampicò sbuffando sul pendio scosceso mentre una pallida luna illuminava il cielo nero di quella fredda notte invernale.

Ok, avete letto le cronache della spada del prescelto dei signori del drago: il destino dell'anello o qualche altra dodecalogia da milioni di pagine, e alla luce di qualche vostro insensato gusto personale volevate scrivere qualcosa di simile. Liberissimi, o meglio: cazzi vostri. Se vi piace 'sta roba peggio per voi, e anzi è un genere che va anche di moda per cui finisce pure che diventate famosi. Il fatto è che nella frase che avete appena scritto ogni singolo aggettivo è il diretto complementare della parola a cui si riferisce:

Guerriero valoroso, notte buia, inverno freddo, luna pallida... la cosa evidente in tutto questo è che non vi siete minimamente sforzati nemmeno a pensare qualche aggettivo più originale e meno scontato, e soprattutto che non avevate alcuna idea sull'ambientazione ma avete scritto solo usando le frasi più scontate che vi venivano in mente. Insomma il testo fa cagare non perché ci sono dieci aggettivi per riga, ma perché sembrano gli unici dieci che conoscete.

Tanto per far finta che sia un corso serio andiamo a vedere come scrive davvero uno come Tolkien (sperando di non passare i guai per poche righe):

Il popolo hobbit è discreto e modesto, ma di antica origine, meno numeroso oggi che nel passato; amante della pace, della calma e della terra ben coltivata, il suo asilo preferito era una campagna scrupolosamente ordinata e curata. Ora come allora, essi non capiscono e non amano macchinari più complessi del soffietto del fabbro,
del mulino ad acqua o del telaio a mano, quantunque abilissimi nel maneggiare attrezzi di ogni tipo.


La miseria, ci sono più aggettivi nelle prime due righe che in due miei romanzi messi insieme... e ho pure scelto un passaggio dove ce ne sono pochi! Ammetterete però che nel testo di Tolkien non c'è nulla di banale e di scontato, ed è scritto così bene che a me quei nanetti del cavolo mi pare quasi di poterli vedere (stavo per scrivere prendere a calci... e in effetti se vedete l'ho fatto).

Forse state copiando il testo sbagliato: cioè, è vero che un libro bello può vendere tanto e un libro che vende tanto può anche essere bello, ma se siete convinti che descrizioni di un certo tipo siano belle perché si trovano all'interno di libri che vendono tanto rischiate di non capirci più niente. Un po' come dopo aver letto questo paragrafo.

Se non siete capaci, non ci provate: e adesso vi svelerò il reale motivo per il quale tutti i corsi base di scrittura impongono di ridurre al minimo avverbi e aggettivi. Perché tanto sono rivolti a gente che di scrittura sa ancora pochino (avrei detto non capisce una minchia ma poi qualcuno si offendeva) ma che dopo l'acquisto dei 40 fascicoli di tutti Hemingway o del video corso interattivo premio Nobel in 30 minuti pretenderà di sentirsi almeno migliorata.

Insomma, imponendo indiscriminatamente a tutti di scrivere nella maniera più semplice possibile la speranza è di formare cattivi scrittori che - per lo meno - scrivano roba che non dia l'effetto di passare le unghie su una lavagna. Il triste risultato di tutto questo è che i racconti degli aspiranti emergenti che hanno studiato (tre giorni) sembrano scritti tutti dalla stessa persona che evidentemente non ha completato le elementari, ed è pieno di rimbambiti che avendo letto l'incipit dell'autobiografia di qualche autore di best seller (io avere fatto molti molti soldi con mio libro molto molto bello e ora spiega te come avere fatto: non mette aggettivi e avverbi che suona molto molto brutto, e se questa idea non piacere metti pure tuo libro in tuo culo) passano il tempo a cancellare gli aggettivi di qualsiasi testo gli capiti sotto mano per poi dire all'autore che gliel'hanno migliorato.

Ok, lo ammetto, lo faccio sempre anch'io ^^.

Simone

27 commenti:

Anonimo ha detto...

l'ho letto tutto di un fiato e non so se ci ho capito qualcosa. specie nel finale: volevi dire che i correttori di bozze delle case editoriali maciullano i testi rendendoli più poveri e banali? comunque mi piace il tuo stile e la tua idea di un blog sulla buona scrittura. ce n'è molto bisogno, credimi (ma tanto già lo sai).

Simone ha detto...

Storie: forse è un po' lungo come testo e ci voleva qualche "pausa" in più. Comunque sì più o meno volevo dire quello e anche che un po' tutti gli emergenti si fissano troppo su certe "regolette" e meno sulla sostanza.

Grazie del complimento, ciao!

Simone

Anonimo ha detto...

In linea di massima non sono contro gli aggettivi, anzi mi piacciono. Certo non devono essere in numero eccessivo, o, se lo sono, come in Tolkien, almeno non devono essere banali.

Secondo me la cosa più importante di un testo è la comprensibilità: se il numero e la qualità degli aggettivi (o degli avverbi) non incidono negativamente su questo fattore, allora, dal mio punto di vista, si tratta di un buon libro.
Al contrario, se la scrittura si fa inutilmente pomposa e manieristica, allora la lettura diventa una tribolazione (come vedete il mio giudizio è sempre quello di un lettore, non di uno scrittore).

Io leggo, oltre che per diletto, anche per arricchire il mio vocabolario (o almeno di illudo di questa cosa, altrimenti mi sembrerebbe di sprecare il mio tempo).
Motivo per cui, qualche aggettivo in più, non lo trovo particolarmente detestabile.

Il punto è che in un libro è molto più facile trovare la solita combinazione di sostantivo-aggettivo, quasi che si ricorra a una tabella precompilata, piuttosto che aggettivi originali e utili. Quante volte vi è capitato di leggere "odore acre", "palude limacciosa", "soave fragranza", ecc.?

Più difficile invece che la combinazione sia unica, mai (o al limite meno) sfruttata. Due maestri in questo campo (quello in cui si abbonda di aggettivi, ma almeno non sono ripetitivi) sono Tolkien ed Eco. Certo, la narrazione del primo è più fluida, semplice, il secondo ha uno stile più massiccio, cesellato. Non sono un fan di Eco , però almeno, leggendo i suoi libri, (tra un'incazzatura e un'altra quando per trovare la fine di un periodo devo scorrere 15 righe), imparo qualche parola nuova.

Anche in questo ambito, come sempre, c'è chi può permettersi di fare vasto uso di aggettivi (in modo però intelligente, non indiscriminato) e chi non può. Chi non può, forse, è perché non sa. Ripeto, forse. E non sto parlando necessariamente di emergenti, ma anche di chi vende milioni di copie. Non può, però lo fa lo stesso.

Ciao, dacty

Anonimo ha detto...

Rileggendo il mio commento, devo dire che non si capisce una mazza.

La sostanza (= punto di vista del lettore medio) é: se c'è qualche aggettivo in più originale e usato in modo intelligente ben venga.

Se gli aggettivi in più sono banali, triti e dimostrano solo che si vuole far credere di "sapere di più" quando invece l'ignoranza è evidente, allora mi rompono le palle.

Cazzo, potevo scriverlo in 2 righe, perché il primo commento mi è venuto così lungo...
Ah, già, io quando scrivo appartengo alla seconda categoria. ^^

Riciao, dacty

Glauco Silvestri ha detto...

[quoto] il caldo calore della fiamma di fuoco fu spento dall'effetto bagnante dell'acqua che era umida?

Caspita! Ma a me questa frase piace da matti... mi mette allegria, cioè, mi fa ridere a crepapelle! In un libro surreale sarebbe perfetta!! :D

Ecco, dopo questa spiegazione esaustiva, capisco perché Elroy mette un punto al termine di ogni riga dei suoi romanzi (o quasi).

Frase coincisa = Facile da capire

:)))

PS.
Ma lo sai che il tuo corso di scrittura potrebbe essere papabile per il catalogo della "Terra di Mezzo" ? (è solo un caso il riferimento incrociato col tuo esempio su Tolkien, è la casa editrice dei libri che ha segnalato nei giorni scorsi il buon Alex se non ricordo male.)

White Boar ha detto...

Bravo Simone! Hai centrato il punto.

Una considerazione: una volta i romanzi fantasy venivano tagliati per farli rientrare nelle 250 pagine. Devo dire anche che le cose migliori che ho letto rientravano tutte in questa lunghezza. Zuddas, ad esempio. Oggi se non scrivi una trilogia sopra le 1500 pagine sei un povero stronzo. Il problema è che spesso in un romanzo fantasy da 500 pagine non succedono più cose che in uno da 250, la trama non è più complessa o più articolata, i personaggi non sono meglio caratterizzati. E' solo tutto più sbrodolato, diluito, ripetitivo. Così succede che l'autore fantasy in erba, basandosi sui canoni attuali, sa di dover riempire 500 pagine, e allora se la prende comoda con descrizioni inutili, aggettivi, avverbi, ripetizioni.

A mio avviso, esiste un altro motivo per ridurre al minimo le descrizioni: bisogna lasciare qualcosa all'immaginazione del lettore. Se il detective si arrapa per la cameriera del fast food, chi se ne frega se era alta o bassa, bionda o mora... era arrapante, e tanto basta. Così il lettore se la immagina arrapante secondo il suo gusto, lo scrittore risparmia fatica e sembra anche più bravo.

La bravura sta anche nel saper tratteggiare un ambiente o un carattere con poche sapienti pennellate, in modo da lasciare spazio alla storia. Certo, verranno fuori 250 pagine invece che 500...

Anonimo ha detto...

E pensare che mi preoccupavo proprio del contrario!
Tendo ad essere essenziale e invidio chi riesce ad arricchire una frase o un concetto.
Insomma, secondo il tuo post, sono DESTINATA AL SUCCESSO?!?
Wow!

Anonimo ha detto...

Il punto è che bisogna eliminare gli aggettivi inutili. Ci sono alcuni aggettivi, come nel tuo esempio di Tolkien, che inutili non sono. Direi che su questo hai centrato il punto simo.
Però sul fatto che i correttori di bozze distruggono apposto i libri che hanno da correggere, mi sa che decisamente fuoristrada... ^^

Heian

Unknown ha detto...

Io sarò quello che salta fuori sempre coi commenti banali, ma sono fermamente convinto che aggettivi e avverbi siano funzionali a uno stile e ad alcune situazioni narrate.
Usati fuoriluogo sono dannosi e servono solo ad allungare il brodo, su questo concordo.
Eppure ci sono autori che non avrebbero mai creato i loro capolavori senza descrizioni particolareggiate e suggestive (Lovecraft, King, il già citato Tolkien).
Ok lasciare l'immaginazione al lettore, ma a volte si esagera. I romanzi fatti di frasi brevi e smozzicate a volte sono irritanti.

In linea di massima direi che non esiste una regola generale, come qualcuno vorrebbe far pensare.
Insomma, se uno scrive bene, lo farà sia che abbia uno stile prolisso, che non uno minimalista e stringato.

Anonimo ha detto...

Ehilà, Simone!
MAncanza mia sentita, vero?
EH!EH!
Mi sembra giusto non mettere troppi aggettivi, chè poi il lettore si perde nei vari paragoni e similitudini!

Comunque io farei anche una sezione dove esporre le varie tipologie di personaggi: io, ad esempio, ci godo a rappresentare personaggi completamente folli e psicotici, perchè sono figure potenti; immagini ipertrofiche dei veri eroi.
In base a quanto detto riportiamo, qui sotto, un piccolo frammento di uno dei personaggi più folli mai visti(creati da me):

Il soldato sferrò un colpo rapido e preciso all'addome.
Scoppiai in una risata folle e, urlando, mi dimenavo, colpendolo con gli artigli e squarciandogli la maglia di ferro.
"Ehi, Rexa, come ci si sente ad essere controllati da un parassita?"
"Come ci si sente? Come ci si sente?!" domandai io scoppiando nuovamente a ridere; il volto contratto in una smorfia di pura gioia.
"Ci si sente..." continuai io, "così!"
Gli artigli colpirono il petto del mio nemico che venne scaraventato a terra. Le mie dita adunche erano grondanti di sangue.
Mi avvicinai al suo corpo immobile e dissi:"La senti quella cosa calda tra le mani, che pulsa lievemente? Be', potrebbe essere il tuo couore, ma stai tranquillo: non lo sentirai ancora per molto!"

Anonimo ha detto...

Pienamente d'accordo con te quando parli di eliminare gli aggettivi inutili e banali. Aggettivi ma anche sostantivi e verbi ripetuti e generici fanno un testo povero (mi riferisco a bello/brutto... cosa... fare/dire). Penso che l'ideale, quando si revisiona il proprio testo sarebbe chiedersi "Potevo dire la stessa cosa con parole diverse?"
Se lo fate per due, tre anche quattro volte vi accorgerete che il testo ne uscirà più ricco ed interessante.

Anonimo ha detto...

post troppo lungo
ne ho letto metà
anche i commenti troppo lunghi
ne ho letti un quarto
però passavo di qua e volevo salutare
Ciao
R.

Federico Russo "Taotor" ha detto...

Come fai a dire "Era un brav'uomo" evitando l'aggettivo o una perifrasi?? No, no, non sono d'accordo. Dio ha inventato gli aggettivi perché si usino, come anche gli avverbi. Che facciamo, parliamo a metà? Tipo sms stupidi, "we cm st? 6 lbr gg? qnd px vnire a prndrt?" (ma si fa di peggio, eccome, purtroppo ne so qcs)
E' normale che non bisogna esagerare. Ma evitarli del tutto è assurdo.

P.S. Sto per finire di scrivere un post a riguardo (e riguardo al mostrare e raccontare). Tratto Ken Follett. (Non voglio farmi pubblicità, però è in topic - quanto sono nerd, eh? -, e poi ciài così tanti fan, puoi prestarmene qualcuno, no? :P

Anonimo ha detto...

Improvvisamente mi trovo d'accordo con Taotor!

P.S= anke io n s qlcs.

P.P.S.= so che ci sono degli errori nel piccolo frammento che ho lasciato prima, ma l'ho fatto di fretta, e senza pensarci.

Traduzione in SMS= xò!! ke convers!

Simone ha detto...

Dacty: io avevo capito ^^.

Gloutchov: il problema di quella frase non è la non coincisezza (?) ma la super-ridondanza di ogni parola.

Angra: sì è vero l'immaginazione è importante.

Kinsy: ma io non dico di essere per forza essenziali ma di realizzare una "non essenzialità" di buon livello.

Heian: ecco infatti il punto era quello. Tanta gente non distruggono apposta i libri, semplicemente non sono capaci a correggerli ^^.

Alex: può darsi (scusa se sono troppo sintetico ma ho 1000 commenti a cui rispondere ^^).

Andre: sentitissima... sui personaggi mi toccherà dire qualcosa, vedremo che m'invento.

Michela: sì il difficile appunto è dire qualcosa in maniera originale e con i termini giusti.

Gelo: ciao!!!

Fede: ma quando ho detto di evitarli del tutto... ma l'hai letto il post? ^^

Andre: io h smpr rgn e bst nn rmpr i cgln ok?!

Simone

Gamberetta ha detto...

@federico. A meno che il tizio brav’uomo sia un personaggio secondario e l’essere brav’uomo un particolare come un altro, non lo dici proprio “tizio era un brav’uomo”. E non cambia niente se sostituisci “bravo” con ventisette aggettivi, è comunque un modo molto sciatto e poco interessante di descrivere il carattere di un personaggio.

Mostrare, non raccontare:

Tizio si chinò a raccogliere il portafoglio. Era gonfio di banconote, tutte da 500 euro.
“Signora!” gridò. Si affrettò a raggiungere la signora, che si era appena voltata. “Tenga, credo sia suo, dev’esserle caduto.”
“Oh, sì! Grazie!”

Esempio stupidotto, d’accordo. Ma secondo me è chiaro che Tizio sia un brav’uomo. E quest’immagine rimarrà nella mente del lettore, mentre “era un uomo bravo / generoso / amico di tutti / ecc.” sparirà dopo due pagine, perché sono solo parole.

Federico Russo "Taotor" ha detto...

@Gamberetta, per l'ultima cosa che hai detto concordo, colla prima assolutmente no. Insomma, puoi mostrare che l'uomo è bravo, se proprio vuoi perdere tempo, ma forzare un evento solo per esprimere qualcosa che richiede al massimo due parole è un omicidio, a mio parere. Credo che ogni scrittore debba scrivere anzitutto la storia così come la sente, e intervenire dopo sulla forma - ma se tutto è una schifezza, allora sì, si può intervenire sulla sostanza, a mali estremi.

Anonimo ha detto...

Dipende...

Tizio, dopo aver riconsegnato il portafogli alla signora, gira l'angolo, entra in un bar, saluta Caio che lo sta aspettando con un caffè davanti e lo raggiunge, e mentre Caio gli racconta delle corna che la sua cara mogliettina gli sta mettendo, Tizio tira fuori la sua pistola e gli fa un bel buco sulla testa. Nessuno si muove, nessuno dice niente, tutti sanno che quello era l'ultimo giorno di Caio perché tutti sanno che Tizio lavora per il boss del quartiere. Quindi Tizio si avvicina al bancone e paga la sua consumazione e quella di Caio, dà un buffetto al barista e lo saluta. Poi esce come se nulla fosse.

A questo punto io non ho visto una brava persona. Ho visto un sicario che fa il suo lavoro, ma al di fuori del cosiddetto orario d'ufficio ha una sua etica...

Domanda: è un brav'uomo?

Scusate, ho dovuto!!! ;-P

Comunque io sono parzialmente d'accordo con il post di Simone: ci sono effettivamente persone che scambiano l'applicazione di regole con la reale capacità di intervenire su un testo.
O peggio ancora con tutti quelli che in nome delle quattro regolette che hanno imparato si improvvisano insegnanti di scrittura creativa e convincono una manica di aspiranti scrittori a spendere soldi per poter realizzare il sogno non di scrivere qualcosa di effettivamente valido, ma di pubblicare (non pare anche a voi che ultimamente ci sia un proliferare di persone convinte che la pubblicazione, ossia una qualche consacrazione ufficiale, sia un modo per proclamare al mondo la propria esistenza? Se non è così, chiedo venia...)
Penso che nessuno in grado di capire che nel mestiere in questione c'è molto di più possa sentirsi offeso. Sicuramente non possono offendersi gli scrittori in grado di valutare il proprio operato e quegli editor capaci realmente di distinguere un buon libro da una ciofeca...
Ora me ne vo'. Ah, non so perché Caio è stato giustiziato. Magari ci penso e se interessa a qualcuno ve lo dico domani. Altrimenti, pensateci voi!!!

Gamberetta ha detto...

@federico. Non devi forzare niente. Ma bisogna mettersi d’accordo: se Tizio è un brav’uomo, durante la storia farà qualcosa per dimostrare questa bravura, e allora non c’è bisogno di dire che fosse bravo. E se invece non si comporta mai da brav’uomo, che senso ha dire che è un brav’uomo, quando non lo è?

@giuliana. Caio era la reincarnazione dell’Anticristo anche se lui non lo sapeva ancora. Tizio è un brav’uomo.

White Boar ha detto...

@Giuliana: tu mi insegni che i personaggi sono ciò che personaggi fanno. Tu scrivi sceneggiature: per dire che Tizio è un brav'uomo non metteresti certo una voce fuori campo, no?

***

Se io scrittore dico che Sempronio è una carogna (o lo faccio dire ai personaggi) e poi Sempronio non fa nemmeno una carognata dalla prima all'ultima pagina, c'è sempre il rischio che qualcuno leggendo se ne accorga ;)

Per cui:

@Federico: se Sempronio è una carogna, ha senso anche che ci sia un episodio dove Sempronio esprime la sua cattiveria. Se ai fini della storia qualsiasi episodio con Sempronio che fa carognate è superfluo, allora Sempronio stesso è superfluo.

riccardo gavioso ha detto...

Ciao Simone,
anizitutto complimenti per il post che fa giustizia di tutte le fesserie che vengono sbandierate dalle pseudo scuole di scrittura.
L'argomento andrebbe trattato come si deve e in questo fine settimana conto di farlo nel mio blog.
Devo dire che ultimamente (zac) anch'io tendo a sfrondare molto quella che è la prima (zac) versione. Ma questo nell'ottica di trovare la migliore (zac)musicalità alla narrazione, non certo per seguire regole e regolette.
Allora, il gerriero può essere valoroso, potrebbe essere un guerriero nella media, o addirittura un guerriero vile. Come un pendio, può essere dolce o scosceso (anche se sarebbe da preferire declivio nel primo caso). Quello che è invece da evitare è il fatto che l'aggettivo o l'avverbio si traformino in pleonasmo o ridondanza: il burrone non può essere scosceso. Ma amche qui i limiti sono labili: complici i mutamenti climatici, l'inverno può ben tornare ad essere freddo.
Così mescolare abbodantemente e ripetutamente, non è uguale al semplice mescolare.
La narrativa si ciba di regole grammaticali e mal si presta all'aggiunta di altre: il vero motivo di queste scuole di pensiero è che chi deve leggere per professione ha pensato bene d'inventarsi qualcosa per tagliare il proprio lavoro del trenta per cento.

un saluto

White Boar ha detto...

@Riccardo: veramente mi pare che Simone non dica sull'argomento niente di molto diverso da ciò che tu chiami "fesserie sbandierate dalle varie pseudo scuole di scrittura": togliere ciò che è inutile e ridondante. Il valore aggiunto di questo post sta nel fatto che Simone motiva molto bene questa "regoletta".

Il problema non è che "mescolare abbondantemente e ripetutamente" non è uguale al semplice "mescolare", ma se questo cambia qualcosa ai fini della storia che sto raccontando. Cioè, in ultima analisi, se al lettore può fregargliene qualcosa della differenza o se lo annoio e basta.

Anonimo ha detto...

Angra, non ho capito il tuo commento, anche perché non mi sono posta il problema dicome lo scriverei io... Ho letto un modo di mostrare come tizio possa essere un brav'uomo, e mi è venuto in mente che un uomo mstrato mentre restituisce un portafogli appena gira l'angolo potrebbe ammazzare qualcuno, mettendo in crisi la mia idea iniziale... e stavo giocando!!! ;-P

L'idea dell'anticristo però è interessante...

Anonimo ha detto...

sei chiaro e abbastanza sintetico, la scirttura odierna è spesso come l'hai descritta tu, per un semplice rimando visivo.
Alla letteratura russa di fine ottocento occorrevano migliaia di pagine di rimandi descrittivivi per raggiungere lo scopo, che oggi, un pessimo scrittore fa suo in un'unica battuta che rimandi una situazione visivamente già metabolizzata.
Brevi saluti

Simone ha detto...

Io lo sapevo che si finiva con la guerra degli aggettivi... io la mia l'ho detta per cui passo.

Comunque anche Tolkien proprio nell'esempio citato dice che gli hobbit sono un popolo discreto, onesto e di antica origine (e a dirla tutta a me i personaggi del libro non paiono tanto discreti) senza invece appiopparci altre duecento pagine per dire la stessa cosa. Però mi pare che il testo di Tolkien che piaccia o non piacca sia piuttosto riuscito e che nessuno può dire che sia scritto male, no?

Insomma un autore bravo scrive come gli pare con tanti o pochi aggettivi, mostrando o raccontando quello che gli pare. Solo che usare tanti aggettivi e non fare pena è più difficile che usarne pochi.

Giuliana: infatti. Quello che tanta gente non vuole mettersi in testa è che determinate regole vanno bene per un determinato genere. In pittura ci sono mille modi per dipingere una persona, e lo stesso può essere in letteratura. Adesso però che uno stile va per la maggiore sembra che le regole di quello stile siano le uniche che vanno bene.

Riccardo: mi pare che siamo sempre più o meno delle stesse idee...

Angra: be' io ho anche detto che certe regole nascono anche da determinate esigenze più "pratiche", mentre nelle scuole di scrittura ti dicono di fare così e basta.

Giuliana: ok mi aspetto che ricicli la storia per qualche puntata di una fiction.

Massimo: non ci avevo pensato. Ottimo intervento, grazie.

Amma

White Boar ha detto...

@Giuliana: scusa, avevo capito un'altra cosa ^_^

riccardo gavioso ha detto...

@ Angra: sono daccordo con te, deciderà il lettore sul mio mescolare, ma non lo si può classificare automaticamente errore come un a senz'acca.
Facciamo narrativa, non siamo fotografi: giusto togliere tutto quello che non serve, ma non si può stabilire per regola quel che non serve.
Poi credo che Simone abbia molto ben compreso, e copiando lo spunto di uno dei suoi post: lo scrittore sono io, e se non ti piace in televisione danno "l'isola dei famosi..."
Stesso discorso per i puntini di sospensione.
La prima regola dei blog è quella di fare i post brevi... il mio e quello di Simone funzionano molto bene anche con post lunghissimi... come si diceva in un famoso film: "in culo le regole!"
Naturalmente, me la sono presa con quelli che dettano le regole, non con le tue osservazioni che ho trovato molto stimolanti.

un saluto