Lo scrittore che prima di correggere il proprio romanzo aspetta un sacco di tempo.

Avete mai seguito un corso di scrittura di base? Vi basterà semplicemente fare una ricerca sul web per trovare i consigli di qualche blogger aspirante scribacchino dei miei stivali (io non ne conosco nessuno) per incappare in un consiglio del genere.

Di cosa sto parlando? Ma del fatto che, dopo aver terminato un romanzo e prima di passare alla sua rilettura e correzione definitiva, si consiglia spesso e sovente di lasciar passare un determinato periodo di tempo.

Per chiarire: nell'ottica dei bravi autori che capiscono come si fa questo lavoro (parliamo dello scrittore, che sì per qualcuno è un lavoro!) se voi scrivete - che ne so - un romanzo sui gatti e lo correggerete immediatamente appena terminata la prima stesura, sarete ancora così immersi nelle tremende pippe mentali che vi siete fatti per scriverlo da confondervi le idee da soli e non riuscire a fare un lavoro di editing accettabile. Questo significa che il risultato finale farà schifo, e nessun editore vorrà pubblicarlo.

Al contrario, se prima di mettervi a rileggere e riscrivere lasciate passare del tempo (che poi quantificheremo), avrete le idee più chiare. Il vostro editing sarà migliore, il testo più scorrevole, e se anche nessun editore vorrà pubblicarlo lo stesso il vostro romanzo sarà comunque più bello.

Ok, quantifichiamo. Quanto è giusto attendere, secondo voi, prima di passare alla fase definitiva della scrittura di un romanzo? Un mese? Due mesi? Tre? Quattro? Oh, allora?!

La verità è che non ve lo dice nessuno. Non c'è un tempo standard, anche se l'opinione comune è che il libro ve lo dovreste essere scordato a tal punto da non riconoscere neanche più la vostra scrittura. Difficile per me, visto che rileggo tutti i giorni i miei romanzi anche nei momenti di maggiore concentrazione e li conosco praticamente a memoria. Ma per la gente normale si parla di.... dai sei mesi a un anno. Chiaro? Scrivete un romanzo, per un anno lo lasciate lì da qualche parte (attenti a non scordarvi dove!) poi lo correggete, poi lo mandate a un editore e poi non ricevete alcuna risposta. È questa la procedura corretta, e se non lo fate siete il solito sfigato che di scrittura ne capisce poco.

Ok, adesso passiamo al corso avanzato e alle mie interessanti (??) opinioni personali: questo discorso dell'attesa anche di mesi prima di rileggere il proprio lavoro (e poi ovviamente riscriverlo) è una cosa che mi sta proprio sullo stomaco. Cioè, io già ci metto un'eternità per scrivere una cosa, e adesso solo perché non c'è un cazzo di editor disposto a correggere i miei libri devo bruciarmi la vita ad aspettare di essermeli dimenticati?

È vero che questa cosa effettivamente si fa e funziona (Hemingway ha editato il vecchio e il mare un anno dopo averlo scritto, e il risultato mi sembra buonino) ma non siamo tutti Hemingway e questa fissazione di dover presentare solo la perfezione assoluta è anche controproducente.

Immaginatevi uno scrittore aspirante anche bravino, e provate a pensare a cosa lo aspetta non per diventare famoso ma solo per pubblicare un'opera prima accettabile. Il poveraccio in questione dovrebbe impiegare: 1 anno per ideare un romanzo, 1 anno per scriverlo, 1 anno di attesa per rileggerlo, 1 anno per riscriverlo, 1 anno di attesa per firmare il contratto di un cavolo editore che se l'è letto e 1 anno ancora di attesa per arrivare in libreria.

Insomma a seguire le regole se sei già bravo e meriti di pubblicare dall'ideazione alla pubbicazione passano 6 anni solo per un libretto mediocre che magari non comprerà nessuno! E il bello è che se uno volesse campare con le vendite di questo libro (cosa di per sé insensata ma per dire) deve aspettare ancora un altro anno in più perché l'autore vede i primi guadagni l'anno successivo a quello della pubblicazione.

Tutto questo aspettare, attendere, lasciar correre e veder passare mi sembra completamente insensato, ed è parte del bagaglio di automortificazione e nichilismo di cui gli aspiranti scrittori adorano caricarsi.

Aspirante scrittore nichilista: non sono sicuro, non sono all'altezza, a nessuno piacerà quello che scrivo, non sono capace, fanno bene a non pubblicarmi, i critici che mi insultano hanno ragione, meglio fallire che avere un successo non assoluto e poi tanto io scrivo per me e per quella cosa che mi sento dentro (??).

Ma qual è invece la realtà editoriale? Da quel che vedo io, gli scrittori veri che si pubblicano e che vendono tanto scrivono anche due libri all'anno, e a nessun editore al mondo verrebbe mai in mente di aspettare mesi e mesi prima di mandare in stampa il nuovo Jerry Potter o l'ultimo romanzo di Stiven Ching.

Ok, mi pare di essermi dilungato abbastanza. Adesso devo solo correggere quello che ho scritto, e poi tra un annetto o due potrò anche metterlo online ^^.

Simone

21 commenti:

Glauco Silvestri ha detto...

Qui mi sento preso in causa. :)

La domanda spontanea, viste le tue osservazioni, è: Hai fretta?

Per prima cosa, i grandi autori non correggono i propri lavori. Hanno alle spalle una equipe che svolge le ricerche, che corregge i testi, che si occupa della "manovalanza" (e spesso nella pagina dei ringraziamenti li citano tutti).

Io sono uno di quelli che lascia sedimentare il proprio libro, lo ammetto. Vuoi i tempi? Li ho indicati varie volte sul mio blog. La prima fase di correzione (che spesso coinvolge anche aggiunte e tagli al testo), la faccio dopo un mese dal giorno in cui ho scritto la parola "fine".
Finito il primo editing, lo rimetto a sedimentare per almeno 3 mesetti, a volte arrivo anche a 6 mesi.

Ma non è che nel frattempo mi giro i pollici. Scrivo altre cose...

In effetti, non so te, ma mentre sto scrivendo un romanzo, la mia testolina ha già trovato soggetti per nuove storie. A volte mi capita addirittura di scrivere più storie in parallelo. Quindi, a causa di tutto ciò, non rimango mai con le mani in mano.

Durante la stesura di 31 ottobre, stavo già facendo le ricerche per Justice, scrivevo i racconti brevi "sogno di capitano", "la guerra di linda" e "elite".
Dopo la pubblicazione di 31 ottobre, ho scritto un romanzo dedicato a goldrake (oggi in valutazione da un editore), ho revisionato una storia per bambini (che sta valutando una maestra delle elementari) e ho cominciato a scrivere Justice.
Ora che Justice è in fase di decantazione, ho iniziato un nuovo romanzo e.. ho scritto il raccontino sui vampiri che sto pubblicando su blog.

Che poi il libro vada ad un editore oggi o domani... sinceramente, non cambia nulla per me. A me piace scrivere e mi piace che questi testi siano curati il meglio possibile (per le mie capacità). Sia che esse debbano andare ad un editore, sia che debbano rimanere per sempre nel mio cassetto.

Non ho fretta... per me il motto Bisogna battere il chiodo finché è caldo non dice nulla. Tant'è che, visto che sono esordiente, il chiodo non è nemmeno impuntato in una parete... è ancora appoggiato alla scrivania. E se proprio devo piantare un chiodo alla parete, allora voglio usare un chiodo che non si pieghi alla prima martellata.

Poi... questo forse è più personale e credo dipenda da persona a persona, finché ho la storia tutta in testa, è difficile che riesca a seguire la parola scritta e notare gli errori, in particolare i refusi... che comunque sfuggono lo stesso!

Ad ogni modo, io ribadisco che, se scrivere è un arte, allora non deve avere regole. Ognuno deve scrivere, correggere, e tutto il resto, come gli pare, come gli viene meglio. Nell'arte non ci devono essere regole, altrimenti diventano procedure, tecniche, metodi... e l'ispirazione, l'istinto, il fuoco dentro, finiscono per scomparire.

Per cui ben vengano quelli che aspettano un anno, e ben vengano anche quelli che non attendono neppure un minuto! :D

Unknown ha detto...

Qui tagli la testa al toro :)

In tanti mi suggerisco di lasciar decantare i miei scritti, ma io sono alquanto contrario a questa pratica.

Già i tempi di lavorazione di un romanzo sono luuuuunghissiiiimi, e la vita è così breve... ;)

Scherzi a parte, per varie vicissitudini ho imparato che il motto "chi ha tempo non aspetti tempo" è uno dei più azzeccati.
Mai fermarsi, bensì battere il ferro fin quando è caldo.
Se aspetto del tempo prima di editare un romanzo è solo perchè sto lavorando già a qualcos'altro, non per scelta consapevole.

Ovviamente il grosso punto debole di questa strategia è l'alta probabilità di non vedere tanti refusi, ne piccole imprecisioni nella trama.

Per questo, però servirebbe in teoria un editing professionale, e io spero sempre che lo faccia la casa editrice che deciderà di pubblicarmi ;)

@Glauco: per rispondere alla tua domanda (hai fretta?), io ti dico di sì. Come ho già scritto, ho una paura folle che qualcosa possa sconvolgermi la vita (è già successo, per questo ho maturato tale fobia), quindi tendo a usare tutto il tempo utile possibile fin tanto che il destino me lo concede.... però non esiste una regola generale... è tutto soggettivo.

Simone ha detto...

Glauco e Alex: insomma non abbiamo un'idea univoca sulla cosa. Direi che ha ragione Glauco quando dice che non c'è una regola precisa per tutti... e comunque al momento il risultato è 2 a 1 per noi per cui per il momento vincono i frettolosi ^^

Simone

Anonimo ha detto...

come al solito, scrivi cose da emergente che non emergerà.
su quale base parli di "un anno" per azione?
su quale base denomini "stiven ching" con sarcasmo?
stiven ching scrive 4000 parole al giorno.
"uomini e topi" e altri mille romanzi sono 50.000 parole.
a quel ritmo, 13 giorni per scrivere una bozza.
ad un ritmo lento, 26 giorni.
per un romanzo lungo, 40 giorni, lentamente.
ora.
in questo post volevi denotare il "vorrei emergere" o la realtà delle cose?
perchè qui descrivi bene la situazione di una persona che scribacchia e insegue l'utopia di essere pubblicato, che ha l'ansia di vivere di scrittura e di diventare famoso.

scusa eh, ma ogni volta che vedo i tuoi post [e non posso fare a meno di riceverli da pagineaperte.com] mi sembra di avere a che fare con un parolaio grezzo e sbruffone che vuol fare del sensazionalismo sulla scrittura e sulla narrativa, urlando in continuazione che vuole essere pubblicato.
prendila professionalmente, è un consiglio.

Simone ha detto...

Anonimo: sarà come dici tu, ciao!

Simone

Anonimo ha detto...

Io credo che sia Glauco che Alex abbiano ragione. E in un certo senso anche Simone. Insomma tutti hanno ragione e tutti hanno torto.
Proviamo a pensarci un attimo.
Se scriviamo uno ed un unico romanzo, senza velleità di pubblicazione (di solito ci capita con il primo tentativo o con il secondo, no? Poi capiamo se dobbiamo darci all'ippica o se abbiamo abbastanza capacità, talento e voglia per continuare), non ha senso non lasciare decantare per un po'. In questo caso non ci corre dietro nessuno.
Se invece siamo già scafati, abbiamo già scritto parecchio, conosciamo i nostri limiti e i nostri punti di forza e via dicendo, è molto probabile che già mentre portiamo a termine la stesura di un romanzo abbiamo una vaga idea per il prossimo. Quando termina la stesura, quindi, ci possiamo immergere in una nuova storia, che ci coinvolge totalmente. Soprattutto, sappiamo molto bene che il romanzo che abbiamo appena scritto non sarà l'ultima possibilità della nostra esistenza ma che abbiamo sempre margini di miglioramento, perché grazie a non si sa chi le storie da raccontare per noi non sono mai finite, e ognuna è espressione di un bisogno differente, oppure va ad aggiungersi al bisogno precedente che era rimasto zoppo magari di qualcosa... (non sempre nei romanzi possiamo mettere tutto quello che vogliamo. Potrebbe non entrarci nulla con la storia. Quindi ci diciamo 'ok, è materiale per un altro romanzo').
A questo punto, possiamo decidere che per esempio un paio di settimane di distacco dal nostro ultimo nato sono sufficienti, e siamo già abbastanza immersi in un nuovo progetto da guardare con distacco il precedente.
Certo, questo vale per chi aspira anche al mestiere di scrittore. Credo faccia parte in un certo senso della tecnica.
Ma qui si parla come aspiranti scrittori che intendono essere prolifici, giusto?

Oh, una cosa. In sceneggiatura io adotto lo stesso sistema. Spesso anzi mi monta una rabbia infinita per la mancanza di tempo che mi costringe a consegnare qualcosa troppo presto. Lasciar decantare, non dico mesi, ma almeno qualche giorno, è un toccasana.
Vabbè, vado a leggermi gli orricorti che mi mancano, che forse è meglio... (quelli però altro che decantare: gli autori avrebbero dovuto rileggerli e decidere che facevano troppo schifo per sottoporli alla lettura di un comitato... SIGH!)

Bruno ha detto...

Il mio libro l'ho scritto nel 1995, e dopo svariate revisioni l'ho iscritto ad un concorso nel 2007, però in effetti potrebbe essere stata una mossa prematura.
Ero tentato di aspettare un altro 5 o 6 anni...

Simone ha detto...

Giuliana: mi è piaciuto molto il tuo commento, anche perché mi ha chiarito un po' le idee.

È verissimo che col passare del tempo il mio rapporto con la scrittura è molto cambiato, fino addirittura a sentirmi "scafato" come dici tu (anche se magari a sproposito ^^).

Dai tempi di Mozart di Atlantide o anche i romanzi precedenti, in cui per scrivere qualche pagina ci mettevo giorni e poi era tutto ancora da correggere e rivedere, sono arrivato al romanzo che sto attualmente scrivendo in cui scrivo anche 10 pagine al giorno e quando rileggo mi pare che bene o male il testo sia comunque gradevole, sebbene a tratti un po' zoppicante.

Insomma l'esperienza porta una maggiore velocità e anche una maggiore capacità di scrivere bene anche alla prima stesura.

È anche vero poi che qualche giorno tra stesura e rilettura lo lascio passare anch'io, ma davvero non più di un mese perché semplicemente sono troppo ansioso di andare avanti, dovunque sia questo "avanti".

Bruno: ecco... ci sono comunque libri molto famosi che sono stati scritti nell'arco di 10 e 20 anni. Speriamo che sia così anche per il tuo!

Simone

Anonimo ha detto...

ANSA. TORINO 05 MARZO 2008. CON UN BREVE COMUNICATO DIFFUSO NELL’ARCO DEL POMERIGGIO SI ANNUNCIA LA LIBERZAIONE DEL NONDORMIENTE, VIENI A SCOPRIRE DI COSA SI TRATTA.

Bruno ha detto...

Si tratta di spam, Massimo ?

Unknown ha detto...

Concordo in tutto con quanto ha scritto gloutchov (eccetto per l'ispirazione... la mia vita è molto più incasinata della tua penso e anche se ho molte idee scrivo quando mi lasciano...)
Sono comunque una maniaca della perfezione, sapere che c'è un avere scritto due volte di seguito mi mette il nervoso.
So che comunque se l'editing te lo fai da te inevitabilmente qualcosa sfugge. Ma l'editing costa...

Federico Russo "Taotor" ha detto...

Secondo me rileggere dopo troppo tempo il proprio lavoro non è produttivo. Un mese è più che sufficiente. Ma anche aspettando un anno, si potranno correggere solo refusi, piccole incoerenze, ma nient'altro. Perché se il romanzo fa schifo, è una partita persa e bisognava pensarci dall'inizio. Se invece si tratta di sfumature sulla trama, bisogna battere quando il ferro è caldo - al contrario di come dice Glauco, benché, credo, il concetto sia un po' diverso.
Se si aspetta troppo si possono, insomma, correggere solo errori marginali, ma non quelli veri inerenti la trama. Noi scrittori, con o senza scaletta, abbiamo in testa un vortice di idee per una storia, con particolari ecc., ma dopo aver finito di scrivere, ce li siamo dimenticati tutti, i particolari. O almeno, a me succede così, e non credo di essere l'unico.

Anni fa (ora sono diventati due o tre, mi pare) finii di scrivere un romanzo, che stavo scrivendo già, a più riprese, da un anno e qualche mese. La storia aveva cambiato continuamente direzione. Le idee erano diventate migliaia e lo sfondo del romanzo era a dir poco palpabile (slurp, che termine eccitante ^^). Lo rilessi alla fine, e che soddisfazione! Ma era tutto lì. Il romanzo era un bellissimo castello. Di sabbia.

Secondo me i punti per editare un romanzo sono que(lli che seguo io)sti:

1) Finire di scriverlo, stando ben attenti a concatenare gli eventi precedenti (uuh ho fatto la rima!), senza scrivere porcate tutto d'un fiato.
2) Aspettare un giorno o due per rileggerlo e correggerlo.
3) Dopo averlo corretto, inviarlo a un amico di fiducia che sappia individuare errori e incoerenze. Costui dev'essere un grande stronzo, se è gentile non serve a niente.
4) Quattro.
5) Analizzare i consigli dell'amico e provvedere. Fine.

L'importante, a questo punto, è avere un amico che sappia dare ottimi consigli. ;)

Angelo Frascella ha detto...

Effattivamente l'amico di fiducia che ti aiuti a correggerlo sarebbe utile... però dovrebbe avere anche tanto tempo da dedicarti e non è facile.

Io sui miei racconti mi affido alla mia ragazza (che tra l'altro è "crudelissima" nello stroncare qualcosa che ho ho scritto che meriti di essere stroncato ;) però sulle storie più lunghe il suo tempo è davvero carente e c'è il rischio che ci metta più tempo lei a correggere che io a scrivere!

Per quanto riguarda il tempo di decantazione in questi giorni ho ripreso un cosa che avevo scritto molto tempo fa. Mi sembra che ci siano dei lati positivi ma la "forma" non mi soddisfa per nulla nè riesco a correggerlo come vorrei... forse dovrei "riscriverlo" completamente per ottenere il risultato voluto.
In ogni caso il tempo di decantazione non mi ha messo in grado di modificarlo come vorrei...

Simone ha detto...

Mi piacciono molto i vostri interventi, effettivamente quando parlo di argomenti "seri" vengono fuori discussioni più interessanti.

Massimo/Bruno: credo sia la pubblicità di un libro. Per l'ennesima volta, se mi mandate un comunicato stampa ne parlo sicuramente, non incollate link nei commenti che è una cosa controproducente! ^^

Michela: anche io sono un maniaco... per questo a un certo punto bisogna dire "basta", se no non si finisce più!

Federico: come sempre dici delle cose molto interessanti. Effettivamente, un editing per quanto buono non può ribaltare le sorti di una schifezza, e viceversa un buon libro resta tale anche con qualche refuso o imprecisione.

L'amico che ti corregge il libro... è una bella idea per un post futuro, ultimamente sono un po' a corto per cui grazie!!!!

Angelo: come dicevo, di quella cosa degli amici/ragazze a cui affidare le correzioni vedrò di approfondire. Per il resto anche io a volte ho la stessa sensazione: passato troppo tempo, il libro che voglio correggere diventa così distante che ho difficoltà a rimetterci le mani (mi è successo con Codice Aggiunto, che come vedete non ho mai reso disponibile proprio perché finora non ho avuto la forza di rimetterci le mani).

Ciao!

Simone

Anonimo ha detto...

Ciao Simone. Veramente non mi sono posto un limite di tempo per rivedere il mio lavoro dopo averlo temrinato. Direi che mi ci sono rituffato immediatamente dopo aver messo l'ultimo punto. Il che, potrebbe non essere un bene... non lo so, ho spedito il mio romanzo ai primissimi editori da neanche un mese quindi è presto, prestissimo per valutarne i risultati. Vedremo.

P.s. sto creando nel mio blog una sezione di link dedicata agli scrittori esordiente e, ovviamente, "lo scrittore emergente" non poteva mancare... ;-)
Un saluto e alle prissime!

Anonimo ha detto...

Un saluto a Simone e agli altri frequentatori del blog.

Dico la mia sulla discussione, partendo da una premessa ovvia ma indispensabile, a mio modo di vedere: nell’ambito della scrittura ognuno segue il proprio metodo. Stabilire regole universali non credo sia possibile.
Per cui, mi atterrò alla mia esperienza personale.
Al contrario di quanto sostiene Simone (e parzialmente anche Federico), io sono un fautore della fase della “decantazione” del romanzo, se vogliamo usare quest’espressione.
Col tempo, mentre costruivo – esperienza dopo esperienza, romanzo dopo romanzo – il mio metodo, ho appurato che, assieme alla scaletta, la “decantazione” risultava essere un ottimo strumento per arrivare a una versione definitiva che mi soddisfacesse.
E col termine “decantazione” (e così parliamo di numeri) io intendo un periodo di uno, due mesi.
Soltanto in questo modo riesco ad assumere nei riguardi della prima stesura quel distacco necessario che mi permette di pormi come “lettore ideale”, per usare una definizione di Ching (lo pronuncio alla Simone).
Ed è questo, nella mia prospettiva, un requisito indispensabile per avere verso l’opera un atteggiamento meno viscerale e istintivo (mi sono utili, “a caldo” viscere e istinto, ma non in sede di revisione).

Intendiamoci. Non sto qui parlando di semplice rilettura finalizzata all’editing, tesa cioè a eliminare refusi e correggere errori. Quella a cui mi riferisco attiene alla struttura portante del romanzo.

Lasciando trascorrere un buon lasso di tempo prima di effettuarla, personalmente riesco a rendermi conto se e come certe scene vadano riscritte, se l’evoluzione della storia è quella pianificata all’inizio (e se, in caso contrario, la nuova eventuale direzione da essa presa sia migliore rispetto a quanto ideato in sede di creazione), se ci sia coerenza nei personaggi.

A caldo (credetemi: ci ho provato) ciò non mi è possibile. Sarei giudice troppo poco imparziale: la storia mi apparirebbe orribile, i personaggi piatti, lo sviluppo poco lineare.

Concordo infine (e chiudo) con chi sostiene che il modo migliore per ingannare il tempo nell’attesa della “decantazione” sia (sempre per me, ovvio) di dedicarmi ad altre storie: appurare se uno spunto che mi è balenato in mente riesca a reggere la distanza del romanzo o, nel caso abbia già scaletta e personaggi pronti, partire con la prima stesura.

Un saluto

Michele Giannone

Simone ha detto...

Massim.: in bocca al lupo per il tuo romanzo! E per il link ricambierò al più presto ^^.

Michele: grazie per l'intervento e per aver parlato della tua esperienza. Mi hai fatto pensare che ultimamente non riesco più nemmeno a seguire delle scalette, e che è un po' che voglio parlare anche di questo. In bocca al lupo per il seguito del tuo libro!

Grazie di nuovo a tutti e a presto!

Simone

Glauco Silvestri ha detto...

Concordo con Michele... la rilettura immediata non permette di vedere il testo "da lettore". :)

Quanto a chi dice di dimenticare... beh, non è un mio problema. Ho una memoria di ferro e, comunque, per chi ha problemi, può costruire la famosa "scaletta", anche in fase di scrittura a caldo, se preferisce. La scaletta tornerà utile in fase di rilettura post-decantazione. :D

KatiaC ha detto...

Finalmente qualcuno che parla chiaro. Le regole e le buone norme per lo scrittore "in erba" valgono per tutti tranne che per alcuni.
Insomma si torna alla cara vecchia fattoria dove "tutti gli animali sono uguali ma alcuni sono più uguali degli altri".
Bentrovato

Simone ha detto...

Katia: bella citazione. Grazie per l'intervento, e bentrovata anche a te!

Simone

Mario P ha detto...

Questa è una delle regole della retorica latina, o per semplificare delle 3 regole di cui parla Alfieri ( che ci è più vicino) nei sui scritti sulla tirannide. Egli in un "capitolo" intitolato " i doveri dell'uomo in tempo di tirannia" asserisce che l'otium letterarario è l'unica via di fuga ( visto e rivisto) , ad ogni modo, consiglia di dilettarsi seguendo le regole del " ideare, stendere e verseggiare"

Tu qua hai parlato del verseggiare, più o meno.
Che si disticca, in termini di tempo, di molto dalle altre due prime fasi, che sono quasi un tuttuno.